tag:blogger.com,1999:blog-50228891006924018622024-03-14T01:21:38.571-07:00CHANNEL 1967“Se mi venissero tolte tutte le mie forze e ricchezze ad eccezione di una, e se potessi scegliere quest’una, sceglierei di conservare la possibilità di comunicare, poiché con questa riconquisterei tutte le altre”.
<br><i> (Daniel Webnster)</i>
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<a href="mailto:darktuscany@gmail.com">darktuscany@gmail.com</a>Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comBlogger78125tag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-81424390518074030382012-11-17T19:01:00.000-08:002012-11-17T19:03:35.471-08:00Empatia, fra neuroscienze e antropologia filosofica"Se all’altro dolgono i denti, mi è chiara la sua fisionomia, l’immagine dei suoi muscoli contratti, lo spettacolo insomma di qualcuno afflitto dal dolore, ma il suo mal di denti non è mio... Il dolor di denti del prossimo è, in ultima analisi, una supposizione, un’ipotesi o presunzione mia, è un presunto dolore. Il mio dolore invece è indiscutibile."
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"Parlando rigorosamente, non possiamo mai essere sicuri che, all’amico che ci si presenta come afflitto, i denti dolgano davvero. Del suo dolore abbiamo palesi solo alcuni segni esterni, che non sono dolore; ma sono contrazione dei muscoli, sguardo vago. Vediamo in aggiunta una mano sulla guancia... Il dolore altrui non è realtà radicale, è realtà in un senso già secondario, derivato e problematico. La parte che di esso abbiamo come realtà radicale è solo il suo aspetto, la sua apparenza, il suo spettacolo, i suoi segni" [1].
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNHm3fHlCOARGLdZ-AFZ-9f0qcXTSMhPg7Cm9Jgwsqgh6M4ZVXDHfn9U84Xq9t6rUSPan9ZrvLJnEhXPW1DB_LgSTP3V8YBqO6NyjWuoRRRIJqKxhAY-OwKeDZvcqB2KIPbFzMhYmr4oTn/s1600/gasset2011.jpg" imageanchor="1" style=""><img border="0" height="153" width="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNHm3fHlCOARGLdZ-AFZ-9f0qcXTSMhPg7Cm9Jgwsqgh6M4ZVXDHfn9U84Xq9t6rUSPan9ZrvLJnEhXPW1DB_LgSTP3V8YBqO6NyjWuoRRRIJqKxhAY-OwKeDZvcqB2KIPbFzMhYmr4oTn/s400/gasset2011.jpg" /></a>
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Questo passo del filosofo spagnolo Ortega y Gasset (nell'immagine), tratto dal suo mirabile libro "L’uomo e la gente", esemplifica l’impossibilità della conoscenza diretta di un’altra persona. Di ciò che più l’altra persona è. Di quelle che sono le caratteristiche specie-specifiche dell’uomo: il pensiero, l’emozione, i bisogni-desideri antropologici, le relazioni. L’altro è inafferrabile, direttamente.
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Ciò significa che tramite la percezione (per-capere, cogliere con la mente) non ci è possibile conoscere quel “di più” che si manifesta nell’esperienza, e che non è sensorialmente rilevabile. Molti studi scientifici contemporanei, di ricerca [2] e clinici [3], ergendosi su presupposti scientisti e materialisti, considerano questa incapacità conoscitiva dell’uomo come l’evidenza della riducibilità del pensiero, delle emozioni e di tutto ciò che è immateriale della vita umana, ad epifenomeni complessi della materia. Così un giorno saranno misurabili i pensieri poiché espressione delle connessioni neuronali, le emozioni poiché insieme complesso di attivazioni e disattivazioni sub-corticali, la tensione continua alla felicità poiché carattere genetico ereditario.
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E’ secondo questa prospettiva che, parafrasando un recente convegno sulle neuroscienze [4], il concetto di anima – non quantificabile, non dimostrabile, non riducibile – è stato sostituito da quello di psiche: prima “mente” poi sempre più “cervello” [5].
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Molte ricerche, tuttavia, portano in evidenza la semplice esistenza di una realtà “altra” rispetto a quella percepibile direttamente dai sensi. E’ il caso, ad esempio, degli studi sui neuroni specchio applicati all’empatia. In uno studio molto conosciuto [6], alcune scimmie sono state sottoposte alla visione di un’azione svolta da un soggetto umano, che prima avvicinava una nocciolina alla bocca, poi alla spalla. Il movimento compiuto aveva la stessa dinamica iniziale sia nel compito di primo tipo che nel secondo: il braccio si spostava dal tavolino fino alla parte superiore dell’addome. Poi si diversificava: nel primo caso la mano giungeva sino alla cavità orale, per introdurvi la nocciolina; nel secondo la mano si spostava sulla spalla a pochi centimetri di distanza dalla bocca.
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In entrambe le situazioni sperimentali l’attività neuronale della scimmia osservatrice aveva un’intensificazione nella zona corticale sede dei “<b>neuroni specchio</b>”. I risultati più interessanti dell’esperimento consistono, tuttavia, nella capacità di apprendimento della scimmia la quale, in prove ripetute, non attivava la propria parte corticale temporalmente dopo l’esecuzione del movimento da parte del soggetto, ma anticipandolo. Era sufficiente l’inizio del movimento per attivare nella scimmia la parte corticale relativa all’intero gesto. Sorprendentemente le scimmie discriminavano in partenza se la persona avrebbe posato la nocciolina nella bocca o sulla spalla. Ossia anticipavano il fatto, intuivano l’intenzione dell’altro.
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Ovviamente l’intenzione è qualche cosa che attiene alla sfera del pensiero, della ragione e della volontà. Non è possibile coglierla direttamente. Le scimmie, dunque, percepivano direttamente alcuni segnali i quali, valutati globalmente, le portavano a cogliere il senso integrale del gesto umano, ossia il perché ognuno di quei segni aveva luogo. Una certa espressione del viso, la specificità della mobilità, lo sguardo, la postura, ecc. indicavano alle scimmie se il soggetto avrebbe posto la nocciolina alla bocca o sulla spalla, permettendo loro di cogliere l’invisibile.
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Questo esperimento mette in luce - a giudizio di chi scrive - uno dei metodi utilizzati dalla ragione per conoscere la realtà: il metodo del segno. Pur dovendo premettere che l’esistenza ed il funzionamento dei neuroni specchio nell’uomo – la cui dotazione corticale differisce notevolmente da quella della scimmia – risulta ancora discussa [7] è possibile ipotizzare che meccanismi simili a quelli osservati nelle scimmie avvengano, con complessità e fenomenologia differenti, anche nell’uomo (la corteccia prefrontale potrebbe svolgere tale ruolo di integrazione degli stimoli – i segni –, del giudizio e della decisione).
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Non possiamo “vedere” il pensiero altrui, tanto meno “udire” la sua emozione, ancor meno “toccare” il suo bisogno antropologico di felicità. Questo non vuol dire che essi siano inconoscibili. Anzi, la realtà quotidiana ci testimonia l’opposto. La conoscibilità di tali aspetti dell’uomo è possibile grazie ad un utilizzo della ragione "sui generis", cioè attraverso un metodo di conoscenza che non è diretto, ma che è indiretto [8]: non passa attraverso i sensi, ma attraverso la testimonianza di segni. Così io posso conoscere il pensiero di un’altra persona, il suo stato d’animo, la sua emozione osservandone i tratti del volto, i movimenti del corpo, il linguaggio, l’azione [9].
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Essi sono segni percepibili che mi rimandano ad altro, ossia sono segnali di una realtà extra-sensoriale (ma non per questo extra-percepibile) che si palesa attraverso di essi. Se ci si pensa un attimo questo tratto della realtà ha dell’incredibile. Quando incontriamo una persona noi – concretamente – incontriamo il suo corpo [10]. Ma nessuno si sognerebbe mai di pensare che quel corpo è vuoto, o che è un non-umano, tanto meno un robot, un alieno, o qualcosa d’altro. Automaticamente non abbiamo tali sospetti poiché da un numero elevato di segni – molti percepiti a livello inconscio – capiamo che di fronte c’è una persona: con intelletto e affezione, ragione e volontà, bisogni e desideri, ecc.
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Si tratta di un processo basilare del nostro vivere, senza il quale non potremmo recarci dal panettiere, non avendo la certezza che i cibi sono sani, né fidarci della propria moglie, che potrebbe volerci uccidere, né stare seduti in una stanza, poiché potrebbe crollare. Invece la nostra ragione è dotata di un metodo di conoscenza che non percepisce direttamente i concetti, ma li capta attraverso segni concreti: così sappiamo con assoluta certezza che il pane non è contaminato, poiché conosciamo il panettiere e centinaia di persone che si servono da lui; che nostra moglie ci ama; che i muri non hanno crepe o altri segni che potrebbero indicarci una falla nella integrità strutturale.
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La realtà, dunque, ci si svela attraverso segni concreti, e quindi percepiti dai sensi, che rimandano ad altro, ad una realtà non sensibile ma esistente, come il pensiero, l’emozione, il bisogno-desiderio, ecc.
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Forse, parafrasando ed adattando una frase significativa di uno dei più importanti psichiatri e filosofi del secolo scorso – volutamente sconosciuto e dimenticato dalla modernità [11] – possiamo avanzare l’ipotesi secondo cui, come la psicologia, così anche le neuroscienze trovano la loro più compiuta applicazione nell’alveo della filosofia, “provvedendo alla metafisica dati preziosi che quest’ultima può usare per stabilire ancora meglio le sue affermazioni”, ma dipendendo da essa e dall’ontologia nella sua fondazione teoretica, “diventando sempre più ciò che essa è essenzialmente: ancialla philosophiae” [12].
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Stefano Parenti
Psicologo clinico
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Bibliografia
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Ortega y Gassett, L’uomo e la gente, Armando, pag. 50, 2006.
Ad esempio, per una rassegna: S. Nannini, Naturalismo cognitivo, Quodlibet, 2001.
Si veda il recente saggio di G. Israel, Per una medicina umanistica, Ed. Lindau, 2010.<br>
Cervello, mente, anima: l’uomo indiviso, Sabato 5 Marzo 2011, Brescia.<br>
C. Caffarra, Prolegomeni ad una riflessione sull’anima, Brescia, 5 Marzo 2011, dal sito www.caffarra.it; ma anche G. Ravasi, Breve storia dell’anima, Mondatori, 2009; J.C. Larchet, L’inconscio spirituale, Ed. San Paolo, 2006.<br>
Rizzolatti, G., Fadiga, L., Gallese, V. and Fogassi, L. (1996) Premotor cortex and the recognition of motor actions. Cog. Brain Res., 3: 131-141.<br>
Lingnau A, Gesierich B, Caramazza A (2009) Asymmetric fMRI adaptation reveals no evidence for mirror neurons in humans. Proc Natl Acad Sci USA 106:9925–9930.
Cfr. L. Giussani, Si può vivere così?, BUR Rizzoli, 2006.<br>
Bellissima, a tal riguardo, la canzone di Lucio Battisti Mi ritorni in mente: “un sorriso / e ho visto la mia fine sul tuo viso”. Dal sorriso intuisce la fine del rapporto. Da un segno concreto un concetto astratto, invisibile, eppur presente e reale...<br>
Cfr. Giovanni Paolo II, Amore e responsabilità, Marietti, 2007.<br>
Ci si riferisce a Rudolf Allers, psichiatra viennese, allievo di Freud, di Kraepelin, di Adler, professore alla Gorgetown University con all’attivo più di seicento pubblicazioni. Cfr. psicologiacattolicesimo.blogspot.com
Cfr. Rudolf Allers, Work and Play, Marquette University Press, 2008.Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-1090127371341087602012-11-07T18:55:00.001-08:002012-11-07T19:03:16.495-08:00"Era solo un sogno...ma non era un sogno!"<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyrgc7hfqDav_1DGytDjPrAYavBS2RDGQJBsliD9MJVZs7X7O9fllmu5dEd2WtHS4-SJ2Cjk69gqQLUm3KLDbHpD6Jflw7Qbni3vXf1NydKf80CGI16hXkgt4ax0X8Ccz2CpMG6rB-lWga/s1600/YA246.jpg" imageanchor="1" style=""><img border="0" height="292" width="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyrgc7hfqDav_1DGytDjPrAYavBS2RDGQJBsliD9MJVZs7X7O9fllmu5dEd2WtHS4-SJ2Cjk69gqQLUm3KLDbHpD6Jflw7Qbni3vXf1NydKf80CGI16hXkgt4ax0X8Ccz2CpMG6rB-lWga/s400/YA246.jpg" /></a>
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"Era solo un sogno...ma non era un sogno!", esclameranno Sutzuki e Mei, scoprendo, appena sveglie, che della sequoia cresciuta di notte grazie a Totoro erano rimasti solo i tanto desiderati germogli.
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E' come se Hayao Miyazaki voglia dirci: <b>"esiste ciò che si vuole vedere"</b>.Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-72979963381516810922012-10-21T15:59:00.002-07:002012-10-21T15:59:46.988-07:00Imparare a bastarsi<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEikXGTxZq_T4csbYZHzXbWn_ecfgbH1Qxk7ftxI72sses8Q1pXKHCHet_ku_RsVBYhaaCcLP9IOmbgwa8A-pRKyC1_i1wnU2EXKbnqqEWuYglm6K4TjctEaN-bA1cmntkjEoJA0zouea1aq/s1600/saggezza-solitudine.jpg" imageanchor="1" style=""><img border="0" height="400" width="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEikXGTxZq_T4csbYZHzXbWn_ecfgbH1Qxk7ftxI72sses8Q1pXKHCHet_ku_RsVBYhaaCcLP9IOmbgwa8A-pRKyC1_i1wnU2EXKbnqqEWuYglm6K4TjctEaN-bA1cmntkjEoJA0zouea1aq/s400/saggezza-solitudine.jpg" /></a>
Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-64449028547082461392010-10-10T13:14:00.000-07:002012-10-21T16:10:22.780-07:00il Sogno Lucido<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLvlyhAKLDF4-FDCFSaUb8TDgBW4OjJ4UvQM-GPuD31Tmq27lCjeXdXvRNIEGWxVfIm1COzCNsWzCK6Qsbd7dnBSz4THeQ52TD0aQlTg_E42fwvq-OrJwNRfZj5FYqcZhNiUEHzLa8be4f/s1600/variazione-set-accessori.jpg" imageanchor="1" style=""><img border="0" height="253" width="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhLvlyhAKLDF4-FDCFSaUb8TDgBW4OjJ4UvQM-GPuD31Tmq27lCjeXdXvRNIEGWxVfIm1COzCNsWzCK6Qsbd7dnBSz4THeQ52TD0aQlTg_E42fwvq-OrJwNRfZj5FYqcZhNiUEHzLa8be4f/s400/variazione-set-accessori.jpg" /></a>
FENOMENI ASSOCIATI ALL'ESPERIENZA DEL SOGNO LUCIDO<br /><br />1) Il senso di realtà' <br /><br />Nel corso di un sogno lucido, i soggetti ritengono che lo stato di coscienza sia chiaro e preciso e che le cose appaiano "come esse sono realmente". L'impressione che ne deriva è che il nostro stato ordinario di coscienza sia distorto e parziale, e che viviamo in uno stato di illusione (trance consensuale). Così si evidenzia che: (a) il senso di realtà rappresenta una funzione distinta rispetto al giudizio di realtà, anche se essi spesso operano in sincronia; (b) la percezione del senso di realtà non è inerente alla sensazione, in quanto nel sogno lucido le sensazioni non sono evocate da stimoli esterni. Gli stimoli del mondo interno divengono investiti del senso di realtà ordinariamente concesso agli oggetti. Attraverso ciò che può essere definito "spostamento di realtà" i pensieri e le immagini diventano reali (Deikman, 1966). Sognare lucidamente conferisce al sognatore la possibilità di esperire stati "altri" di coscienza e la possibilità di esplorare l'area dell'ignoto con il conseguente arricchimento che tutta la personalità può trarre dalla conoscenza diretta. L'esperienza del sogno lucido è vissuta dal sognatore come estremamente reale a causa della disidentificazione che egli vive rispetto ai contenuti dei suoi sogni. Egli è pura consapevolezza che osserva il film onirico proiettato dalla sua stessa mente. <br /><br /><br />2) Unita' <br /><br />Da una parte la percezione di unitarietà può rappresentare la percezione della propria struttura psichica, dall'altra l'esperienza può essere la percezione della reale struttura del mondo. Come suggerisce Deikman "L'unità potrebbe essere, infatti, una proprietà del "mondo reale" che diventa percepibile attraverso le tecniche della meditazione del sogno lucido, della rinuncia, o sotto speciali condizioni che creano una spontanea e breve esperienza" (p. 112). <br /><br /><br />3) Ineffabilità <br /><br />Anche se a volte i sognatori lucidi scrivono lunghi resoconti, essi sostengono che quest'esperienza non può venire comunicata tramite la parola o facendo riferimento ad esperienze simili che avvengono durante la vita di veglia. Essi sentono che non ci sono parole per comunicare l'intensa realtà e le sensazioni sconosciute. <br /><br /><br />4) Fenomeni trans-sensoriali <br /><br />Molti sognatori lucidi sottolineano che l'esperienza va al di là degli usuali canali sensoriali, ideativi e mnestici. Essi descrivono questo stato come pieno di profonde e vivide percezioni. <br /><br /><br />5) Trascendenza dello Spazio e del Tempo<br /><br />Questa categoria si riferisce da una parte alla perdita dell'usuale senso dell'orientamento, in termini di percezione tridimensionale consueta della vita di veglia, dall'altra ad un radicale cambiamento della prospettiva nel quale ci si trova improvvisamente come se si fosse fuori dal tempo, al di là del passato e del futuro. In questo stato di coscienza, spazio e tempo sono generalmente concetti senza significato. I concetti di spazio e tempo sono prodotti dal modo di essere della mente che divide e classifica; lo spazio del sogno è uno spazio di creazione, le immagini vengono create anche in funzione dei desideri consapevoli, e il corpo di sogno non sottostà alle leggi della gravità, infatti, molti sognatori lucidi si descrivono come delle consapevolezze volanti. Il concetto di tempo è legato al carattere consequenziale degli eventi, nel sogno lucido l'unica consequenzialità riscontrabile è quella tra desiderio e creazione, il tempo (come noi lo intendiamo) per il sognatore non esiste, la sua esperienza è quella di un tempo unico, un eterno presente, un tempo senza tempo. <br /><br /><br />6) Senso del Sacro <br /><br />La sacralità viene qui definita come una risposta irrazionale, intuitiva, palpitante alla presenza di realtà ispiratrici. E' ciò che le persone percepiscono come qualcosa che ha uno speciale valore. I sognatori lucidi spesso provano questa sensazione quando si risvegliano dal sogno; la loro esperienza assume per essi un valore del tutto speciale, che, per quanto possa venire raccontata e condivisa a livello intellettuale, rimane per i sognatori una realtà esperita in uno stato "altro" di coscienza, per il quale essi provano attrazione, rispetto e devozione, e anche un sano desiderio. <br /><br /><br />7) Profondi Sentimenti Positivi <br /><br />Questa categoria mette a fuoco sentimenti come la gioia, l'amore, e la pace inerenti alla coscienza mistica. Ci sembra possibile assimilare i vissuti dell'esperienza del sogno lucido a questa categoria di sentimenti, in quanto se l'esperienza diretta del sognare lucidamente non sempre è associata a tali sentimenti, il risveglio dal sogno lucido è caratterizzato generalmente dalla presenza di sentimenti di intensa gioia, la sensazione di conoscere un pò più sé stessi, una migliore disposizione nei confronti del proprio ambiente di relazione. <br /><br /><br />8) Paradossalità <br /><br />Questa categoria riflette la maniera nella quale aspetti significativi della coscienza onirica sono percepiti dal sognatore come reali, a dispetto del fatto che essi violano le leggi della logica aristotelica. L'esperienza del sogno lucido, è paradossale per chi ascolta il resoconto del sognatore ma non per il sognatore stesso. E' proprio l'esperienza della paradossalità e dell'assurdo che permette l'insorgenza di profondi sentimenti positivi. Il sapere linguistico è differente dal sapere esperienziale, e quest'ultimo è traducibile nel primo solo a costo di profonde distorsioni. Il sognatore lucido conosce qualcosa in più delle possibilità umane, proprio come il mistico, ma il compito di comunicare l'esperienza ad altri appare impossibile. <br /><br /><br />9) Transitorietà <br /><br />La speciale ed inusuale forma di coscienza di sogno può durare da una manciata di secondi fino a qualche minuto. Tuttavia la durata della lucidità in sogno è strettamente connessa con il livello di consapevolezza raggiunto dal sognatore. Sviluppando la consapevolezza attraverso le tecniche più adatte a ciascuno è possibile aumentare il tempo di lucidità fino a rendere tale stato relativamente stabile, ma si può andare anche oltre (per esempio praticando lo Yoga Tibetano del sogno) ed arrivare a testimoniare stabilmente il proprio sonno senza sogni. <br /><br /><br />10) Cambiamenti positivi nell'atteggiamento e nel comportamento <br /><br />Le persone che hanno sperimentato il contenuto delle categorie sopra discusse concordano nel riferire cambiamenti nelle attitudini (1) verso se stessi, (2) verso gli altri, (3) verso la vita. Viene descritto un aumento nell'integrazione della personalità, un rinnovato senso dei valori personali in aggiunta al rilassamento degli abituali meccanismi di difesa dell'Io. La sensazione comune a queste persone è che i loro problemi possono finalmente essere affrontati, ridotti o definitivamente eliminati. La pratica costante del sogno lucido e delle tecniche che lo possono indurre porta generalmente alla trasformazione radicale della personalità e alla nascita di nuove qualità adattative sul piano del sé e delle relazioni con gli altri. I sognatori lucidi riferiscono di vivere le loro vite ad un nuovo livello di integrazione psicologica, di sperimentare sensazioni di soddisfazione e di compimento unite a sensazioni di potere (inteso come capacità di contribuire allo sviluppo della convivenza nel proprio ambiente) che si contrappongono fortemente col vissuto che caratterizza lo stallo dell'impotenza nevrotica. E' implicito, in queste affermazioni, il tentativo di sottolineare come l'apprendimento di questo tipo di esperienze possa costituire un importante fattore terapeutico nella cura delle nevrosi e delle depressioni.<br /><br /><br />11) Fenomeni Estetici <br /><br />L'esperienza del sogno lucido assomiglia molto a quella prodotta da una dose di LSD. la persona che viaggia in acido sa che tutto ciò che vede è il prodotto dell'incontro tra la droga e alcune potenzialità del sistema nervoso umano. Egli gode meravigliato delle immagini estetiche create dalla sua stessa mente, egli sa che sta viaggiando in una dimensione trasformativa dai ritmi vertiginosi, e difficilmente egli scambia ciò che vede per realtà. Analogamente, i sognatori lucidi creano i fantasmagorici ambienti di sogno rimanendo consapevoli che si tratta di una creazione delle loro menti. Possono esprimere desideri e realizzarli direttamente nel sogno, possono creare immagini fantastiche, giochi di colori e ogni tipo di rappresentazione inimmaginabile. Ci sembra, per concludere, di poter sottolineare la posizione attiva e costruttiva dei sognatori lucidi che applicano la propria volontà alla direzione dell'esperienza. Molti sognatori riferiscono di provare intuizioni molto profonde e illuminanti di talune idee o problemi e di avere molte immagini visive vivide e tridimensionali.<br /><br />Pubblicato in: <a href="http://www.neurolinguistic.com/proxima/james/jam-20.htm">"Informazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria"</a>, di Michele Cavallo Flavio Leone.Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-81939687211568148772010-09-20T19:34:00.000-07:002010-09-20T19:56:52.170-07:00I Buchi Neri<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TJgcDZj86WI/AAAAAAAAAQk/5wAVXidQCZM/s1600/black-hole-illusion-large.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 236px;" src="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TJgcDZj86WI/AAAAAAAAAQk/5wAVXidQCZM/s400/black-hole-illusion-large.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5519192188069407074" /></a><br /><br />Nella relatività generale si definisce buco nero un corpo celeste estremamente denso, dotato di un'attrazione gravitazionale talmente elevata da non permettere l'allontanamento di alcunché dalla propria superficie. Questa condizione si ottiene quando la velocità di fuga dalla sua superficie è superiore alla velocità della luce. Un corpo celeste con questa proprietà risulterebbe invisibile e la sua presenza potrebbe essere rilevata solo indirettamente, tramite gli effetti del suo intenso campo gravitazionale. Fino ad oggi sono state raccolte numerose osservazioni astrofisiche che possono essere interpretate (anche se non univocamente) come indicazioni dell'effettiva esistenza di buchi neri nell'universo. Il termine "buco nero" è dovuto al fisico John Archibald Wheeler (in precedenza si parlava di dark star o black star).<br /><br />Fonte: <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Buco_nero">http://it.wikipedia.org/wiki/Buco_nero</a><br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">1/5 I Buchi Neri</span><br /><object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/9gygQMOL91M?fs=1&hl=it_IT"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/9gygQMOL91M?fs=1&hl=it_IT" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object><br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">2/5 I Buchi Neri</span><br /><object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/jNEe94N9uoc?fs=1&hl=it_IT"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/jNEe94N9uoc?fs=1&hl=it_IT" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object><br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">3/5 I Buchi Neri</span><br /><object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/kwX13vTJg3o?fs=1&hl=it_IT"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/kwX13vTJg3o?fs=1&hl=it_IT" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object><br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">4/5 I Buchi Neri</span><br /><a href="http://www.youtube.com/watch?v=fmA-QtQvdRo">http://www.youtube.com/watch?v=fmA-QtQvdRo</a><br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">5/5 I Buchi Neri</span><br /><object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/8LUkJuJ7uMo?fs=1&hl=it_IT"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/8LUkJuJ7uMo?fs=1&hl=it_IT" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object>Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-15168466742545272542010-09-07T19:51:00.000-07:002010-09-07T20:07:40.623-07:00FORZE ED INTERAZIONI<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TIb8WrSNJkI/AAAAAAAAAQc/oogeqhntpLQ/s1600/Particelle_che_trasmettono_forze.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 336px; height: 400px;" src="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TIb8WrSNJkI/AAAAAAAAAQc/oogeqhntpLQ/s400/Particelle_che_trasmettono_forze.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5514372260268156482" /></a><br /><br />Tutte le forze dovute alle particelle materiali nella meccanica quantistica dovrebbero essere trasportate da <span style="font-weight:bold;">particelle con spin intero</span>: 0, 1 o 2 (bosoni).<br /><br />Quello che accade è che una particella dotata di massa, un elettrone o un quark, emette una particella che trasporta una forza. Per il principio di azione-reazione, la prima particella vede la sua velocità modificata; la particella portatrice entra in collisione con un' altra particella materiale, che a sua volta subisce una variazione di velocità. In questo modo tra le due particelle dotate di massa si è esercitata una forza.<br /><br />Una proprietà importantisima dei bosoni è che essi non obbediscono al principio di esclusione: non c' è quindi limite al numero che ne può essere scambiato e si può dare origine ad una forza molto forte.<br /><br />Ma se le particelle portatrici hanno massa elevata, sarà difficile produrle e scambiarle su grandi distanze: le forze prodotte avranno perciò un raggio d' azione molto breve. Se invece le particelle portatrici non hanno massa propria, le forze potranno esercitarsi su grandi distanze. Ecco perchè le particelle portatrici sono dette "virtuali": esse non possono essere direttamente scoperte da un rilevatore, ma ne possono solo essere osservati gli effetti.<br /><br />Le particelle portatrici sono raggruppate in quattro categorie, a seconda dell' intensità della forza di cui sono responsabili. Bisogna sottolineare che questa è una divisione del tutto arbitraria e i fisici sperano sempre di poter unificare tutte le forze come aspetti diversi di un' unica forza.<br /><br />La prima gategoria è la FORZA GRAVITAZIONALE, quella successiva è la FORZA ELETTROMAGNETICA, la terza è chiamata FORZA NUCLEARE DEBOLE e l' ultima FORZA NUCLEARE FORTE.<br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">FORZA GRAVITAZIONALE</span><br /><br />La forza gravitazionale è universale: in altri termini, ogni particella risente della forza di gravità, a seconda della sua massa o energia.<br /><br />La gravità è la più debole fra le quattro forze; è così debole che non la percepiremmo se non fosse per il fatto che ha la capacità di agire su grandi distanze e di manifestarsi sempre sotto forma di un' attrazione. Ciò sognifica che le minuscole particelle che si esercitano fra corpi di grande massa, ad esempio due pianeti, possono sommarsi fino a produrre una forza significativa.<br /><br />Le altre tre forze hanno un raggio d' azione brevissimo, o sono a volte attrattive e a volte repulsive, tendendo così ad annullarsi.<br /><br />Nella meccanica quantistica, si dice che la forza gravitazionale viene trasportata da una particella di spin 2, detta gravitone. Essa non è dotata di massa, cosicchè può avere grandissimo raggio d' azione.<br /><br />Nonostante queste particelle scambiate siano virtuali, producono un effetto misurabile: si deve infatti ad esse la rivoluzione dei pianeti attorno al sole!<br /><br />I gravitoni formano quelle che sono dette onde gravitazionali, così deboli e così difficili da osservare che non sono state ancora rivelate.<br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">FORZA ELETTROMAGNETICA</span><br /><br />La forza elettromagnetica interagisce con particelle dotate di carica elettrica come elettroni e quarks, ma non con particelle prive di carica.<br /><br />E' molto più intensa della forza gravitazionale: tra due elettroni si esercita una forza che è circa un milione di milioni di milioni di milioni di milioni di milioni di milioni (1 seguito da 42 zeri) di volte maggiore della forza di gravità.<br /><br />Esistono però due tipi di cariche elettriche: uno positivo e l' altro negativo. La forza tra due cariche dello stesso segno è repulsiva, mentre tra cariche di segno opposto è attrattiva. Un corpo di dimensioni molto grandi, come la terra, possiede al suo interno un numero quasi uguale di cariche positive e negative. Le forze elettromagnetiche quindi si cancellano quasi per intero, e rimane ben poca forza elettromagnetica netta.<br /><br />A piccole scale, però, la forza elettromgnetica domina. L' attrazione fra protoni ed elettroni nell' atomo determina il moto orbitale di questi ultimi attorno al nucleo, analogo a quello dei pianeti attorno ala sole.<br /><br />L'attazione elettromagnetica viene attribuita allo scambio di particelle virtuali prive di massa e con spin 1, chiamate fotoni. Esse sono sì particelle virtuali, ma quando un elettrone passa da un' orbitale più esterna ad una più vicina al nucleo, si libera energia e viene emesso un vero fotone osservabile come luce visibile. Al contrario, se un fotone reale entra in collisione con un elettrone, fa spostare quest' ultimo da un' orbita più vicina ad una più lontana, e l' energia del fotone viene assorbita.<br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">FORZA NUCLEARE DEBOLE</span><br /><br />La forza nucleare debole è responsabile della radioattività e agisce su tutte le particelle materiali con spin semi-intero, ma non su particelle con spin intero.<br /><br />La forza nuleare debole non fu ben compresa fino al 1967, quando Abdus Salam e Steven Weinberg proposero due teorie che unificavano qusta interazione con la forza elettromagnetica.<br /><br />Esii suggerirono che, oltre al fotone, dovevano esistere altre particelle di spin 1, note come bosoni vettoriali dotati di massa, portatori della forza debole appunto. Questi furono chiamati W+, W- e Z°, e ciascuno di loro ha una massa di circa 100 GeV.<br /><br />La teoria di Weinberg-Salam presenta una proprietà nota come rottura spontanea della simmetria. Ciò significa che quelle che lle basse energie sembrano particelle completamente diverse, risultano essere invece lo stesso tipo di particelle, solo in stati diversi. Alle alte energie tutte queste particelle si comportano in modo simile.<br /><br />L' effetto si può paragonare ad una pallina da roulettementre la ruota gira. Alle alte energie (con la ruota che gira velocemente) la pallina si comporta essenzialmente in un unico modo: corre esternamente alla ruota. Quando però ruota rallenta, la pallina va a collocarsi in uno dei trentasette scompartimenti dei numeri. In altre parole, a basse energie la pallina può esistere in trentasette stati diversi, e se noi conoscessimo solo le basse energie, penseremmo che esistono trentasette diversi titpi di palline.<br /><br />Una grande varietà di fenomeni, come la disintegrazione di molte particelle instabili, può essere inquadrata fra gli effetti dell' interazione debole e il primo a rendersene conto fu Fermi nel 1933.<br /><br />Per quanto riguarda il raggio d' azione, l' interazione debole agisce solo a brevissima distanza (<10^-15 m), ma essa condiziona la scala temporale dei processi che avvengono nelle stelle: proprio la forza debole regola infatti la combustione del sole.<br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">FORZA NUCLEARE FORTE</span><br /><br />La forza nucleare forte tiene insieme i quarks nel protone e nel neutrone, e i protoni e neutroni nel nucleo dell' atomo. Si pensa che questa forza sia trasportata da un' altra particella di spin 1, chiamata gluone, la quale interagisce solo con se stessa e con i quarks.<br /><br />La forza nucleare forte ha una curiosa proprietà, chiamata confinamento: essa lega assieme particelle in combinazioni che non hanno alcun colore. Infatti, non si può avere un singolo quark isolato, perchè esso avrebbe un colore (rosso, verde o blu). Invece, un quark rosso deve essere unito ad uno blu ed uno verde da una sequenza di gluoni, in modo da dare colore bianco come risultante. Una tale tripletta costituisce un protone o un neutrone.<br /><br />Un' altra possibilità è una coppia formata da un quark ed un antiquark (es: rosso+ antirosso= bianco). Tali combinazioni compongono i mesoni, i qulai sono instabili perchè quarks e antiquarks spossono annichilirsi fra loro, producendo elettroni e altre particelle. Allo stesso modo, il confinamento impedisce che si possa avere un singolo gluone a sè.<br /><br />Questo fatto che impedisce di osservare un quark o un gluone isolati, può dare l' idea che la nozione stessa di tali particelle sia più metafisica che fisica. Ma un' altra proprietà della forza nucleare forte, la libertà asintotica, rende ben definito il concetto di quark e gluone. A energie normali, la forza d' interazione forte è intensissima, e lega strettamente assieme i quarks. Ma alcuni esperimenti con i grandi acceleratori hanno indicato che che ad alte energie la forza forte diventa molto più debole, e i quarks e gluoni si comportano come particelle libere.Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-8099038093319929822010-07-17T20:48:00.000-07:002010-07-18T03:04:54.207-07:00"Newton si è sbagliato, la gravità non esiste"<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://3.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TELOzs204QI/AAAAAAAAAQE/7VdXHnCocN0/s1600/codice-barre.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 355px;" src="http://3.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TELOzs204QI/AAAAAAAAAQE/7VdXHnCocN0/s400/codice-barre.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5495181882955194626" /></a><br /><br />Negli Usa si è riaperto il dibattito sui principi formulati dal celebre scienziato grazie ai lavori di un fisico olandese: "La sua teoria è un'illusione". Si tratta di Erik Verlinde che lega le sue critiche all'ipotesi delle stringhe e a quella dell'universo olografico<br /><br />NEW YORK - La teoria degli universi paralleli funziona anche come una metafora letteraria e ci sono tre modi per raccontare questa storia. Nella prima versione un ladro nel Sud della Francia fa sparire computer, passaporto e carta di credito di un celebre scienziato. La seconda versione racconta la vita di due gemelli monozigoti la cui vita procede perfettamente identica, fino a un divorzio che spezza l'armonia. La terza storia ci rivela che <span style="font-weight:bold;">la teoria della gravità di Isaac Newton è un'illusione</span>. Quest'ultima ci porta alla scoperta dell'universo "olografico", della "teoria delle stringhe" e altri termini esoterici, misteriosi e affascinanti. Nonostante le apparenze è più facile partire dalla fine. <br /><br />La teoria della gravità è forse la più formidabile legge della fisica, il principio più evidente e universale perché corrisponde a un'esperienza empirica irresistibile. <span style="font-weight:bold;">Il bambino ancora non sa parlare e uno dei primi giochi in cui si trastulla dal seggiolone, consiste nel far cadere il cucchiaio della pappa</span>. Lo spettacolo è affascinante nella sua ripetitività. Afferra il cucchiaio, lo solleva, lo lascia cadere, e ogni volta il miracolo si ripete: quell'oggetto viene attratto irresistibilmente a terra, costringendo il paziente genitore a raccoglierlo. Ognuno di noi all'età di 18 mesi è stato Newton senza saperlo. Ebbene, ricrediamoci: <span style="font-weight:bold;">la forza di gravità è un'illusione, una beffa cosmica, o un "effetto collaterale" di qualcos'altro che avviene a un livello molto più profondo della realtà</span>. <br /><br />L'abbandono di Newton era già stato anticipato dalla relatività di Albert Einstein ma ora avviene una rottura ancora più radicale. Un celebre fisico matematico olandese-americano, il 48enne <span style="font-weight:bold;">Erik Verlinde</span> che ha già legato il suo nome alla "teoria delle stringhe" (la supersimmetria negli universi paralleli), sta agitando il mondo accademico degli Stati Uniti con una serie di conferenze in cui fa a pezzi la teoria della gravità. Da Harvard a Berkeley, i colleghi scienziati lo stanno prendendo molto sul serio. La sua nuova visione infatti può gettare una diversa luce su alcuni dei grandi temi della fisica contemporanea: la cosiddetta <span style="font-weight:bold;">dark energy (energia oscura)</span>, una sorta di anti-gravità che sembra accelerare l'espansione dell'universo, o la "materia oscura" che ipoteticamente tiene unite le galassie.<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://3.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TELRmaeRUHI/AAAAAAAAAQM/9SGYBQyoEdg/s1600/can2.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 337px;" src="http://3.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TELRmaeRUHI/AAAAAAAAAQM/9SGYBQyoEdg/s400/can2.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5495184953216946290" /></a><br /><br /><span style="font-weight:bold;">Andrew Strominger</span>, fisico-matematico di Harvard, è uno dei colleghi di Verlinde che non nasconde la sua ammirazione: "<span style="font-weight:bold;">Queste idee stanno ispirando discussioni molto interessanti, vanno dritte al cuore di tutto ciò che non comprendiamo del nostro universo</span>". Verlinde è l'ultimo di una serie di scienziati che da trent'anni a questa parte stanno smantellando pezzo dopo pezzo la teoria della gravità. Negli anni Settanta <span style="font-weight:bold;">Jacob Bekenstein e Stephen Hawkin</span>g hanno esplorato i legami tra i buchi neri e la termodinamica. Negli anni Novanta <span style="font-weight:bold;">Ted Jacobson</span> ha illustrato i buchi neri come degli ologrammi, le immagini tridimensionali usate per la sicurezza delle nostre carte di credito: tutto ciò che è stato "inghiottito" ed è sparito dentro i buchi neri dell'universo, è presente come un'informazione stampata nell'ologramma, sulla superficie esterna. <span style="font-weight:bold;">Juan Maldacena</span> dell'"Institute for Advanced Study" <span style="font-weight:bold;">ha costruito un modello matematico dell'universo espresso come un barattolo di minestra in conserva. Tutto ciò che accade dentro il barattolo, inclusa quella che chiamiamo la gravità, è sintetizzato nell'etichetta incollata all'esterno: fuori invece la gravità non esiste</span>. <br /><br />È a questo punto che entrano in gioco i gemelli e il ladro, che sembrano presi da sceneggiature di film surrealisti. Lo scienziato Erik Verlinde, autore di una formula algebrica che porta il suo nome, ha un fratello monovulare: Herman. Le loro due vite sono state identiche per molto tempo. I gemelli sono due matematici molto rispettati. Si sono laureati insieme all'università olandese di Utrecht nel 1988, insieme andarono in America per proseguire gli studi a Princeton, dove tutti e due ottennero la cattedra. Sposarono due sorelle. Divorziarono. E solo a questo punto una leggera discrepanza si è introdotta nel meccanismo delle loro vite speculari. Herman è rimasto a Princeton, Erik ha deciso di vivere ad Amsterdam per essere più vicino ai figli. <br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://3.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TELLmoxUQdI/AAAAAAAAAP8/OEdAiUEyuYI/s1600/scrabble-letters.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 295px;" src="http://3.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TELLmoxUQdI/AAAAAAAAAP8/OEdAiUEyuYI/s400/scrabble-letters.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5495178359985160658" /></a><br /><br />L'estate scorsa, mentre era in vacanza nel sud della Francia, un ladro gli portò via il laptop, le chiavi di casa, il passaporto. "Fui costretto a fermarmi una settimana in più", racconta Erik. Una settimana di cogitazioni che è stata fatale per l'eredità di Newton. <span style="font-weight:bold;">Pensate all'universo come una scatola dello scrabble (lo scarabeo, ndr), il gioco in cui si compongono parole con le lettere dell'alfabeto. Se agitate la scatola e sparpagliate le lettere a caso, c'è una sola possibile combinazione che può darvi una poesia del Leopardi</span>. Una quantità pressoché infinita di combinazioni non hanno alcun significato. Più scuotete la scatola delle lettere più è probabile che il disordine aumenti via via che le lettere si combinano per ordine di probabilità. Questo è il nuovo modo di vedere la forza di gravità, come una forma di entropia. O un "effetto collaterale della propensione naturale verso il disordine". Se non è chiaro che cosa la sostituirà, e ancora siamo ben lontani dall'immaginare le possibili applicazioni pratiche, su un punto Verlinde è categorico: "Il re è nudo. Da tempo si era capito che la gravità non esiste. Ora è giunto il momento di gridarlo".<br /><br /><a href="http://www.repubblica.it/scienze/2010/07/15/news/gravit_non_esiste-5595002/">la Repubblica</a><br />(15 luglio 2010)Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-59611567517363576992010-06-21T11:14:00.000-07:002010-06-21T21:48:00.300-07:00POTENZA E ATTO<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TCAyI4ETFsI/AAAAAAAAAPk/yAHcUc9_1pk/s1600/Fade+Frank+(1957+-+1995).jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 272px;" src="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TCAyI4ETFsI/AAAAAAAAAPk/yAHcUc9_1pk/s400/Fade+Frank+(1957+-+1995).jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5485439474208020162" /></a><br /><br />Un altro modo con cui <span style="font-weight:bold;">Aristotele</span> spiega il movimento è quello della POTENZA e dell'ATTO: questa coppia è un altro modo per ammazzare Parmenide : già Platone aveva commesso il parricidio di Parmenide introducendo l'essere diversamente. Aristotele lavora però nel campo del cambiamento: dall'essere una cosa al non essere più quella cosa e viceversa. Introduce quindi la coppia potenza-atto. Aristotele fa notare che quando qualcosa cambia non passa solo da <span style="font-weight:bold;">privazione</span> ad <span style="font-weight:bold;">acquisizione</span>, ma subisce anche un altro processo: in partenza era <span style="font-weight:bold;">potenzialmente</span> quello che poi è diventato <span style="font-weight:bold;">effettivamente</span>. La pianta è trasformazione del seme: il sostrato da privazione di forma albero passa ad acquisizione di forma albero: ma si può anche dire che il seme è un albero in potenza: può diventare albero, come può non diventarlo. Il seme può quindi diventare albero: da albero potenziale diventa albero attuale . Aristotele afferma che questa coppia spiega anche una cosa che nella forma di cambiamento <span style="font-weight:bold;">sostrato, privazione, acquisizione</span> non era spiegata: <span style="font-weight:bold;">non sempre</span> il seme diventa albero. Certo un seme di quercia ha più possibilità di diventare albero rispetto ad un chicco di grano : il primo è un albero in potenza , il secondo no . Ci sono quindi varie canalizzazioni : prima si deve appurare che sia un albero in potenza (il chicco di grano non può esserlo), poi occorre che ci siano le condizioni favorevoli perchè diventi albero attuale . Un uovo di struzzo sarà per forza struzzo in potenza e non potrà mai diventare gallina . <span style="font-weight:bold;">Aristotele insiste particolarmente sul fatto che ogni cosa per passare da potenza ad atto ha bisogno di qualcosa che sia già in atto</span>: l'uovo di struzzo, per esempio, per diventare struzzo attuale ha bisogno di essere fecondato da uno struzzo già struzzo, uno struzzo attuale . Se non intervengono i fattori necessari alla realizzazione del processo , esso non avviene. Il processo di canalizzazione è molto meno forte nel mondo artificiale rispetto al mondo naturale (a differenza del finalismo): se ad esempio prendiamo un pezzo di legno, a differenza di uno struzzo, può diventare non tutto , ma più cose : un tavolo , una sedia , un mobile ... E' interessante ricordare che Aristotele ha dato una sua risposta al quesito "è nato prima l'uovo o la gallina ? " : lui rispose che nacque prima il gallo ; questa domanda era problematica pure per lui (ricordiamo che era un fissista) ; questa domanda può anche essere interpretata come "è nato prima l'atto (la gallina) o la potenza (l'uovo) ?" . Aristotele a questo punto fa notare che l'atto sta prima della potenza ontologicamente e concettualmente : non possiamo definire fino in fondo un uovo se non specifichiamo di che cosa è (di gallina , di struzzo...) : se invece diciamo gallina tutti capiamo senza problemi . L'uovo non è quindi definibile perfettamente se non faccio riferimento all'atto , se non dico che è una gallina in potenza (per definirlo ho quindi bisogno di conoscere l'atto) . La potenza ha come fine l'atto , ma l'atto non ha come fine la potenza. Un bambino è un uomo in potenza: <span style="font-weight:bold;">questa teoria però ha creato problemi ed esagerazioni sul piano pedagogico (soprattutto nella pedagogia gesuita): si è negata l'autonomia delle varie età basandosi sul fatto che il fine è essere uomo </span>. Anche nella storia si fa spesso così: si valuta ciò che viene prima in funzione di ciò che viene dopo: così è anche per i Presocratici , che sono stati appellati in questo modo in funzione della venuta di Socrate , negando loro autonomia . Sul piano ontologico abbiamo visto che, ad esempio, l'uovo per diventare gallina deve essere fecondato da un gallo già in atto.<br /><br />FONTE: <a href="http://www.filosofico.net/potenz.html">www.filosofico.net</a><br /><br /><span style="font-weight:bold;">Potenza / Atto: ARISTOTELE</span><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://2.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TB-ucvtar6I/AAAAAAAAAPU/d6U6e2sa07U/s1600/Aristotele-potenza_atto.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 306px; height: 237px;" src="http://2.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TB-ucvtar6I/AAAAAAAAAPU/d6U6e2sa07U/s400/Aristotele-potenza_atto.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5485294680027082658" /></a><br /><br /><span style="font-weight:bold;">Potenza / Atto: TOMMASO</span><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TCAQ6OENuHI/AAAAAAAAAPc/9eypAdZFP5s/s1600/Tommaso-potenza_atto.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 358px; height: 237px;" src="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TCAQ6OENuHI/AAAAAAAAAPc/9eypAdZFP5s/s400/Tommaso-potenza_atto.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5485402938531494002" /></a><br />Prima via: "Ex motu":<br />« [...] tutto ciò che si muove è mosso da un altro. [...] Perché muovere significa trarre qualcosa dalla potenza all'atto; e niente può essere ridotto dalla potenza all'atto se non mediante un essere che è già in atto. [...] È dunque impossibile che sotto il medesimo aspetto, una cosa sia al tempo stesso movente e mossa, cioè che muova sé stessa. [...] Ora, non si può procedere all'infinito, perché altrimenti non vi sarebbe un primo motore, e di conseguenza nessun altro motore, perché i motori intermedi non muovono se non in quanto sono mossi dal primo motore [...]. Dunque è necessario arrivare ad un primo motore che non sia mosso da altri; e tutti riconoscono che esso è Dio. »<br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">Potenza / Atto: GIORDANO BRUNO</span><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TCA7F_uzBQI/AAAAAAAAAPs/Fgq5iZ9WnlI/s1600/3cb35459e85fa53e2c2cb398075183df.jpeg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 336px; height: 400px;" src="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TCA7F_uzBQI/AAAAAAAAAPs/Fgq5iZ9WnlI/s400/3cb35459e85fa53e2c2cb398075183df.jpeg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5485449320330364162" /></a><br />Nei cinque dialoghi intitolati De la causa, principio e uno (ed. A.Guzzo, Mursia 2^ 1985), dedicato ancora a Michel di Castelnuovo, l’ambasciatore del re di Francia che l’ospitava a Londra, <span style="font-weight:bold;"><a href="http://www.ateismodigiannigrana.it/laconquistafilosoficadelcosmoinfinitogiordanobruno.htm">Bruno filosofo</a></span> di educazione scolastica ma anti-scolastico, perciò anti-aristotelico e semmai platonizzante, specula sull’Uno platiniano come totalità, causa e principio, forma e materia inscindibili e finanche risolti in identità, in quella mistica coincidenza degli opposti (anche cusaniana) che è la Natura, <span style="font-weight:bold;">potenza e atto</span>, anima e corpo, inseparabili in divina unità naturale, si è soliti dire “panteistica”. Sicché tra le altre conseguenze, “nessuna cosa si annichila e perde l’essere, eccetto che la forma accidentale, esteriore e materiale” (ed.cit., p.40). Intende dire nel terzo dialogo che nulla si distrugge, riferendosi sempre a materia e forma-anima vitale, in proiezione universale. Così nel quinto dialogo, Teofilo portavoce dell’autore ricanta dall’inizio questo <span style="font-weight:bold;">“universo uno, infinito, immobile. Una, dico, è la possibilità assoluta, uno l’atto, una la forma o anima, una la materia o corpo, una la cosa, uno lo ente, uno il massimo ed ottimo il quale non deve posser essere compreso; e pro infinibile ed interminabile e per tanto infinito e interminato, e per conseguenza immobile”</span> (p.210).<br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">Potenza / Atto: FISICA QUANTISTICA</span><br />Uno dei concetti più interessanti che accomunano moderna fisica quantistica dei campi e filosofia taoista è quello di Vuoto: la distinzione tra le particelle e lo spazio che le circonda si fa sempre più <br />sfumata e il Vuoto è concepito come un “campo”, il cui ruolo <span style="font-weight:bold;">“creativo” e “attivo”</span> nella creazione della materia è cruciale. La teoria dei campi elaborata dalla fisica moderna ci costringe dunque ad abbandonare l’opposizione classica tra particelle di materia e Vuoto, tra <span style="font-weight:bold;">Essere e Non-Essere</span>: il Vuoto è ben lungi dall’essere sterile, esso contiene al contrario un numero incommensurabile di particelle che si producono e scompaiono in un processo senza fine. In questo aspetto della fisica moderna risiede dunque la più stretta corrispondenza con il Vuoto del misticismo orientale. <br /> <br />Analogamente al Vuoto dei mistici orientali, il <span style="font-weight:bold;">“vuoto fisico”</span> – come è chiamato nella teoria dei campi – <span style="font-weight:bold;">non è uno stato di semplice Non-Essere, ma contiene dentro di se, in potenza, tutte le forme che possono assumere le particelle nella realtà</span>: il Vuoto è certamente un “Vuoto vivente”, pulsante, che partecipa attivamente al processo incessante e senza fine di creazione e <br />distruzione.Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-15829424404026827322010-06-20T18:58:00.000-07:002010-06-20T19:18:00.419-07:00Ayahuasca, la pianta degli spiriti.<object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/736NKsK86Uk&hl=it_IT&fs=1&"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/736NKsK86Uk&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object><br /><br />La <span style="font-weight:bold;">ayahuasca</span> è un estratto vegetale contenente <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Dimetiltriptamina">dimetiltriptamina</a> preparato dai popoli amazzonici e della cordigliera delle Ande ed utilizzato dagli sciamani o stregoni indigeni per i riti di visione e di comunicazione con il divino. Questo estratto viene prodotto a partire da una liana del genere Banisteriopsis (spesso Banisteriopsis caapi e Banisteriopsis inebrians).<br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">Principi attivi</span><br /><br />I principi attivi delle liane della specie Banisteriopsis caapi sono stati identificati; sono gli alcaloidi Harmina, Harmalina e tetraidroarmina (MAO inibitori delle ß-Carboline), contenuti in alte percentuali anche nella pianta peganum harmala. Grazie a queste sostanze, la degradazione periferica della DMT nello stomaco, viene evitata ed il principio attivo riesce ad agire. Sono strutturalmente simili alla serotonina, agiscono bloccandone i recettori, e mostrano attività incrociata con LSD e psilocibina.<br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">Proprietà</span><br /><br />La particolarità dell'Ayahuasca consiste nel fatto che grazie agli inibitori della Banisteriopsis la Dimetiltriptamina resta in circolo nel corpo per un tempo decisamente maggiore rispetto all'assunzione dei vapori. Circa 20-30 minuti se fumata, mentre ingerita sotto forma di bevanda la DMT rimane in circolo per 2, anche 3 ore, rendendo l'esperienza decisamente più mistica ed impegnativa.<br />L’Ayahuasca è stata ampiamente studiata dal mondo scientifico.Terence McKenna sostiene che la Dimetiltriptamina non sia una molecola pericolosa per la salute, a meno che uno non muoia dallo stupore. Effettivamente, non ci sono ad oggi prove di danni fisici causati da questa sostanza, ma è possibile che un utilizzo continuato possa indurre psicosi e altre disfunzioni difficilmente prevedibili data la sua bassa diffusione.<br />L'Ayahuasca non è un narcotico, infatti il suo componente principale, il DMT, è la stessa identica sostanza prodotta dal nostro cervello (ghiandola pineale) durante la nascita, ogni notte quando si dorme durante la fase REM, e infine alla morte, per ben 48 ore dopo il decesso.<br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">Preparazione</span><br /><br />Ci sono molti modi di preparazione ma il più comune è quello che prevede di battere pezzi della liana d' Banisteriopsis fino a sfibrarla sommariamente e farla bollire per molte ore fino a che si ottiene un liquido denso ed amaro che viene poi consumato per gli effetti psicoattivi. Si aggiungono altre piante del genere Psychotria (Psychotria viridis) e la Diplopterys cabrerana le quali contengono sufficienti percentuali di DMT . Quando vengono consumate insieme a Banisteriopsis l'attività MAO inibitrice di quest'ultima permetterebbe alle triptamine di non essere degradate e di esercitare quindi la loro azione, mostrandoci inoltre un interessante caso di sinergia farmacocinetica.<br /><br />FONTE: <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Ayahuasca">http://it.wikipedia.org/wiki/Ayahuasca</a>Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-78705246552954827662010-06-10T15:23:00.000-07:002010-06-10T15:43:49.182-07:00Quantum Entanglement (Correlazione Quantica).<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TBFmkUbTu8I/AAAAAAAAAO0/AWRpXp7f4NY/s1600/entanglement.gif"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 314px;" src="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TBFmkUbTu8I/AAAAAAAAAO0/AWRpXp7f4NY/s400/entanglement.gif" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5481274995631176642" /></a><br /><br />Il quantum entanglement consiste nel fatto che se due oggetti quantistici, particelle o fotoni, hanno avuto <span style="font-weight:bold;">origine in un punto dello spazio-tempo da un evento che abbia prodotto una correlazione iniziale</span>, per esempio tra gli spin, paralleli o antiparalleli, o tra i piani di oscillazione dei campi elettrici delle onde elettromagnetiche associate a due fotoni, cioè tra i relativi stati di polarizzazione, <span style="font-weight:bold;">questa correlazione iniziale si manterrà sempre (entanglement, 'non-separabilità'), indipendentemente dalla distanza, metri o anni luce, che separa i due oggetti quantistici che si sono allontanati dal punto in cui sono stati generati</span>. Se si misura lo stato quantico di uno dei due oggetti correlati, a causa dell' ineliminabile perturbazione introdotta dal sistema di misura, si determina una variazione dello stato quantico, che si trasmette istantaneamente a distanza, per effetto della correlazione, all'altro oggetto. Se, per esempio, lo spin di una particella fosse invertito per mezzo di un campo magnetico utilizzato nell'apparato di misura, si invertirebbe istantaneamente anche lo spin dell'altra particella. <br />Un fenomeno analogo si verificherebbe se, generati due raggi laser correlati,cioè polarizzati perpendicolarmente tra loro, il piano di polarizzazione di uno di essi venisse ruotato di un certo angolo facendolo propagare attraverso un cristallo birifrangente; anche il piano di polarizzazione dell'altro routerebbe istantaneamente dello stesso angolo.<br />Questo misterioso comportamento si può spiegare, nel caso di due fotoni correlati, considerando che, essendo essi indistinguibili, in ciascun raggio ogni fotone si trova in uno stato di polarizzazione al quale si sovrappone lo stato di polarizzazione del fotone ad esso correlato, facente parte dell'altro raggio; questo è perfettamente compatibile con i principi della meccanica quantistica, in base ai quali un oggetto del microcosmo può trovarsi in uno stato quantico risultante dalla sovrapposizione di tanti stati quantici. <br />E' come se i due fotoni, pur propagandosi a distanza ed in direzioni diverse, si scambiassero istantaneamente informazioni sui loro stati di polarizzazione.<br />Al quantum entanglement è direttamente collegato il teletrasporto , che è un fenomeno quantistico che si verifica come conseguenza del fatto che tutte le particelle dello stesso tipo sono indistinguibili l'una dall'altra, conformemente al principio d' indeterminazione di Heisenberg, che impedisce di determinare la traiettoria di una particella. Questo principio infatti non consente, se è nota la posizione di una particella in un dato istante, di determinarne la posizione negli istanti successivi, e quindi di seguirne il moto per identificarla, a differenza di quanto si verifica nella realtà fisica degli oggetti macroscopici.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">Il teletrasporto consiste nel fenomeno di correlazione quantistica a distanza tra coppie di particelle identiche, che rende possibile trasferire a distanza stati quantici di particelle elementari, di fotoni e di atomi. </span><br />Mentre nei film di fantascienza sono gli esseri umani ad essere teletrasportati, il che è pura fantasia, negli esperimenti effettuati dal gruppo di H. Bennett, presso l’IBM nel 1993, e dai gruppi di Anton Zeilinger dell’ Università di Innsbruck e di Francesco De Martini dell’Università ”La Sapienza” di Roma ) nel 1997 , finora si è solo riusciti a teletrasportare lo stato quantico (la polarizzazione) di un fotone tra due punti distanti qualche decina di metri, o tra due laboratori distanti qualche chilometro e collegati con cavi a fibre ottiche.<br />Questi esperimenti di ottica quantistica utilizzano due raggi laser correlati, ottenuti cioè da un unico raggio mediante un cristallo birifrangente e caratterizzati dal fatto che , se uno dei due è polarizzato verticalmente, l'altro lo è orizzontalmente. <br />Pertanto anche i fotoni dei due raggi, pur propagandosi in direzioni diverse,conservano sempre la correlazione iniziale, ed essendo indistinguibili, danno origine a fenomeni che i fisici chiamano quantum entanglement.<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://2.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TBFoKwPr60I/AAAAAAAAAO8/uZF_PFuQUU0/s1600/teleportation.gif"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 246px;" src="http://2.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TBFoKwPr60I/AAAAAAAAAO8/uZF_PFuQUU0/s400/teleportation.gif" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5481276755445279554" /></a><br /><span style="font-style:italic;">TELETRASPORTO DI STATI QUANTICI FOTONICI</span><br /><br />Per realizzare il teletrasporto si impiegano due fasci laser correlati A e B, che si propagano in direzioni diverse e si accoppia otticamente ad uno di essi, mediante un separatore di fascio a prismi (o con specchi semiriflettenti) e cristalli polarizzatori, un fascio laser C contenente un' informazione, associata all'angolo formato dal relativo piano di polarizzazione con un dato piano di riferimento. L'esperimento di teletrasporto consiste nel verificare che, se dal lato A l'informazione immagazzinata nel fascio C non è più disponibile dopo l'accoppiamento con il fascio A [poiché, per il principio d'indeterminazione, l'accoppiamento dei due fasci equivale ad effettuare una misura che distrugge gli stati quantici (di polarizzazione) iniziali, generando come risultato un nuovo stato quantico risultante da una combinazione degli stati iniziali], contemporaneamente la stessa informazione venga acquisita dal fascio correlato B, dal quale sarà possibile, successivamente, recuperarla dopo avere ricevuto dalla stazione trasmittente, via radio o con qualsiasi altro sistema di telecomunicazione, i risultati delle misure effettuate sui fasci A e C . E importante precisare che ha luogo soltanto un teletrasporto di informazione, non di materia. Infatti, attraverso i fasci laser correlati A e B, vengono teletrasferite a B soltanto le variazioni di stato quantico subite da A. In altri termini gli stati di polarizzazione dei fotoni del fascio B vengono modificati in base all'informazione che viene teletrasportata attraverso il quantum entanglement. E così anche nel futuribile teletrasporto di molecole, gli atomi che compongono le molecole dovranno essere disponibili,allo stato libero,nella stazione ricevente, in quanto verranno teletrasportati soltanto gli stati quantici necessari alla formazione dei legami chimici di una data molecola. Supponiamo, per esempio, che l'inclinazione del piano di polarizzazione del fascio C, da riprodurre a distanza, assuma, in sequenza, in base ad una data codifica, n valori. Dopo l'accoppiamento tra i fasci A e C e la conseguente sovrapposizione dei loro stati di polarizzazione, i piani di polarizzazione dei fotoni uscenti dal separatore di fascio, saranno sempre perpendicolari tra loro, essendo perpendicolari tra loro i piani di polarizzazione imposti dal separatore di fascio del trasmettitore, mentre il piano di polarizzazione del fascio B, sempre a 90° rispetto a quello del fascio A per effetto della correlazione iniziale, assumerà, in sequenza, come per effetto di un' azione a distanza, le stesse inclinazioni assunte, in sequenza, dal piano di polarizzazione del fascio C, non consentendo tuttavia di acquisire in chiaro i dati trasmessi. Ma è importante considerare che, anche se le variazioni degli stati quantici del fascio B non mostrano in chiaro i dati immagazzinati nel fascio C, un computer quantistico, basato non sui classici bit a due valori, ma sui qubit (quantum bit, bit quantistici generati da tutte le possibili combinazioni degli stati 0 e 1) potrebbe benissimo elaborarle, senza bisogno di attendere la ricezione dei dati con convenzionali sistemi di telecomunicazione per avere la conferma che il teletrasporto sia riuscito. In particolare, per effetto della correlazione quantistica, i dati inseriti nel fascio C sotto forma di sequenza di angoli di polarizzazione, determinano sia nel trasmettitore che nel ricevitore, uguali sequenze di conteggi dei fotoni rilevati da ciascuna coppia di contatori." Bisogna considerare che il teletrasporto avviene senza che siano violati nè il principio d’indeterminazione nè quello relativistico di impossibilità di superamento della velocità della luce . Il principio di Heisenberg non viene violato , in quanto, dopo l'accoppiamento dei fasci A e C, si può soltanto dire che i relativi fotoni sono polarizzati in piani perpendicolari tra loro, senza conoscere tuttavia i loro stati di polarizzazione, per l'indistinguibilità delle particelle identiche, imposta appunto dal suddetto principio .<br />E neppure i principi della teoria della relatività vengono violati, in quanto <span style="font-weight:bold;">il teletrasporto implica soltanto il trasferimento istantaneo della variazione dell'inclinazione del piano di polarizzazione</span> del fascio A per effetto dell'accoppiamento con il fascio C, senza alcuna possibilità di trasferire istantaneamente informazione e quindi di acquisire i bit, se non dopo la trasmissione dei dati delle misure da A a B, via radio o con altro mezzo, quindi sempre con velocità minore o uguale a quella della luce. Sulla base dei risultati ottenuti, non si può escludere a priori di poter teletrasportare in un prossimo futuro microcristalli, oppure di costruire nuovi sistemi di elaborazione, di telecomunicazione e di crittografia. Il teletrasposto di oggetti macroscopici o addirittura di esseri viventi appartiene invece , almeno per ora, alla fantascienza.<br /><br />Per altre informazioni: <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Entanglement_quantistico">it.wikipedia.org/wiki/Entanglement_quantistico</a>Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-52420903718491617762010-06-08T07:21:00.000-07:002010-06-08T07:31:16.331-07:00Bertrand Russell: il paradosso delle classi<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TA5ULa2STvI/AAAAAAAAAOs/If3NlbqBaOU/s1600/20070515131907-erscher.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 340px;" src="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TA5ULa2STvI/AAAAAAAAAOs/If3NlbqBaOU/s400/20070515131907-erscher.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5480410351718780658" /></a><br /><br />In un primo tempo, Russell fu influenzato dall'idealismo di Bradley e di Mc Taggart, che poi abbandonò, anche per via dell'influsso di Moore, aderendo ad una 'posizione realistica' , che riconosce l'esistenza della pluralità di oggetti, con i quali hanno a che fare l'esperienza comune e il sapere matematico.<br /><br /><br />Ad avviso di Russell, alla base del monismo di Bradley c'é una logica erronea, che privilegia la forma soggetto-predicato: per Bradley infatti ogni proposizione attribuisce un predicato alla realtà assoluta, intesa come l'unico soggetto. Ma il nostro linguaggio ha non solo proposizioni del tipo soggetto-predicato, ma anche proposizioni che fanno riferimento a relazioni di maggiore e minore, di prima e dopo e così via. Un termine, che può assumere o no qualcuna di queste relazioni, deve rimanere invariato, ma allora ne consegue che, contrariamente a quanto aveva pensato Bradley, nessuna relazione modifica i termini tra i quali intercorre. Se ad esempio si esamina la proposizione 'A é maggiore di B' , si vede che questa relazione non é l'attribuzione di una qualità o proprietà ad un soggetto e, quindi, non é riducibile alla forma soggetto-predicato, in quanto dipende sia da A sia da B. Questo vuol dire che questa relazione é esterna sia ad A sia a B, cioè collega tra loro entità che sussistono indipendentemente da tale relazione: l'universo é dunque popolato di termini, cioè di entità, che in questa fase del suo pensiero Russell considera analoghe alle idee platoniche, le quali sono caratterizzate da relazioni esterne tra loro, ossia tali da non produrre una loro modificazione interna: e Russell afferma che ' il mondo improvvisamente diventò vario, ricco e solido '. Solo una logica delle relazioni può rendere conto della stessa operazione del contare, consistente nel porre in relazione termine a termine, e consentire in questo modo l'analisi di intere regioni della matematica, nelle quali sono essenziali le nozioni di ordine e di successione, per esempio tra numeri o tra punti, le quali non sono descrivibili nei termini della logica di soggetto-predicato. Al calcolo delle proposizioni e al calcolo delle classi, già ampiamente illustrato dalla logica simbolica, Russell affianca dunque una logica delle relazioni, caratterizzate dall'uso di simboli appropriati e i cui antecedenti possono essere ravvisati soprattutto nell'opera di Peirce.<br /><span style="font-weight:bold;">Russell riscontra vari tipi di relazioni</span>: in primis distingue tra relazioni simmetriche e asimmetriche ; prendiamo R come simbolo per indicare la relazione e a e b per indicare i termini tra i quali essa intercorre: una relazione si dice simmetrica quando, se vale aRb , allora vale pure bRa e viceversa; di questo tipo é per esempio la relazione 'fratello di'; infatti, se Giorgio é fratello di Marco, Marco é fratello di Giorgio. Una relazione si dice invece asimmetrica quando questo non vale: per esempio, se Giorgio é padre di Marco, allora Marco non é padre di Giorgio. Inoltre alcune relazioni godono della proprietà transitiva , per cui se aRb e bRc , allora aRc , mentre altre non ne godono. Ad esempio, godono della relazione transitiva le relazioni di maggiore e di minore: infatti se A é maggiore di B e B é maggiore di C, allora A é maggiore di C. Non si può invece concludere ad esempio che se A é padre di B e B é padre di C, allora A é padre di C ; qui non vale la proprietà transitiva. Nella sfera della logica proposizionale Russell introduce la distinzione tra proposizione e funzione proposizionale : quest'ultima é un'espressione avente ad esempio la forma 'x é un uomo' , dove x é una variabile sostituibile da un termine definito, detto costante , ad esempio dal termine 'Socrate', dando luogo alla proposizione 'Socrate é un uomo'. Russell non restringe il rango delle entità delle entità che possono essere sostituite alla variabile in una funzione proposizionale; l'unica condizione é che la condizione sia ' qualcosa di assolutamente definito, riguardo al quale non vi é alcuna ambiguità ' .<br /><span style="font-weight:bold;">Una funzione proposizionale di per sè non é nè vera nè falsa; vera o falsa é la proposizione che si ottiene sostituendo la variabile con una costante. Risulta inoltre che una una funzione proposizionale può essere considerata come una classe di proposizioni:</span> nell'esempio considerato, 'x é un uomo' é la classe di tutte le proposizioni che hanno come predicato 'é un uomo'. Tra le proposizioni esiste una relazione di implicazione che Russell definisce materiale : essa si esprime nella forma 'se P, allora Q' ; in questo caso si può anche dire che Q é deducibile da P , se non si dà il caso che P é vera e Q é falsa. L'implicazione tra funzioni proposizionali é invece detta formale , dal momento che non riguarda singole proposizioni con i loro specifici contenuti materiali: così, ad esempio, 'x é un uomo' implica formalmente che 'x é mortale' , il che significa che 'se x é un uomo, allora x é mortale' . La conoscenza dell'opera del professore dell'università di Torino, Giuseppe Peano, autore di un Formulario di matematica , fu importantissima per Russell soprattutto per quel che riguarda la concezione dei rapporti tra matematica e logica . Peano aveva dimostrato che é possibile costruire l'intera teoria dei numeri naturali partendo da tre concetti fondamentali (zero, numero e successore immediato) e da 5 assiomi; per Russell questi tre concetti di Peano sono riducibili alle nozioni logiche di classe e di relazione. Questo vuol dire che la conoscenza matematica può essere pienamente giustificata mostrandone la derivabilità da queste nozioni meramente logiche.<br />Egli avrebbe assolto a questo compito per mezzo della costruzione, tramite i simboli della logica, di un edificio puramente formale nei Principia mathematica , composti insieme a Whitehead: qui i teoremi della matematica pura sono dedotti a partire dalla definizione di zero, numero e successore, usando regole di derivazione delle proposizioni. Questa derivazione é attuata grazie all'ausilio di 4 operatori o costanti logiche: 'non' (negazione), 'e' (congiunzione), 'o' (disgiunzione) e 'se..., allora...' (implicazione). Russell é convinto che la matematica pura é la classe di tutte le proposizioni che hanno la forma dell'implicazione e che é compito della logica analizzare questa relazione. Ma per dimostrare che la matematica si fonda sulla logica, si deve anche dimostrare che i numeri naturali e, quindi, tutte le nozioni fondamentali dell'aritmetica, sono definibili in termini di classe . I numeri non coincidono con le classi di oggetti che sono contati, ma sono quel che tutte queste collezioni di oggetti hanno in comune. Russell definisce pertanto il numero cardinale come ' la classe di tutte le classi simili ad essa ' , cioè di tutte le classi i cui membri possono essere correlati uno ad uno.<br />Ad esempio, una classe ha tre membri, se appartiene alla classe alla quale appartengono tutte le classi simili ad essa, dove 'simile' vuol appunto dire che i membri di tali classi possono essere correlati uno ad uno. In tal modo ogni discorso aritmetico su numeri é formulabile nei termini di un discorso meramente logico riguardante le classi e le loro relazioni. Ben presto tuttavia Russell prese atto che il concetto di classe, o di insieme, può dar luogo ad antinomie o paradossi . In particolare, il pensatore inglese individuò, già al termine della stesura dei Principi di matematica , una contraddizione relativa alla nozione di 'classe di classi' , la quale é essenziale per definire i numeri naturali. Egli distinse tra classi che non sono membri di se stesse, cioè non contengono se stesso come elemento: ad esempio, la classe degli uomini non é un uomo e, quindi, non é un membro di se stessa, mentre la classe di tutti i concetti é a sua volta un concetto e, quindi, contiene se stessa come elemento. A questo punto si pone l'interrogativo: la classe di tutte le classi, che non sono membri di se stesse, é membro di se stessa? Se si dice 'sì' , essa é una classe che é membro di se stessa, ma allora contiene se stessa come elemento e, quindi, non é più la classe di tutte le classi che non contengono se stesse come elemento. Se si dice 'no', essa é una classe che non é membro di se stessa, ma allora appartiene alla classe delle classi che non contengono se stesse come membro e, quindi, contiene se stessa come elemento. Quale che sia la risposta data, ne consegue sempre e comunque l'opposto rispetto ad essa: questo vuol dire che la nozione di classe di tutte le classi che non contengono se stesse come elemento genera contraddizioni. Questa antinomia faceva vacillare il programma logistico: quale é l'utilità nel definire i numeri in termini di classi, se la nozione di classe genera contraddizioni? Per risolvere questo problema, Russell elaborò la cosiddetta teoria dei tipi , in un primo tempo in una versione più semplice e poi i una più complessa, detta 'ramificata' . A suo parere, i paradossi nascono da un circolo vizioso, consistente nel ' supporre che una collezione di oggetti possa contenere membri definibili solo tramite la collezione presa come un tutto ' .<br />Per evitare questo <span style="font-weight:bold;">circolo vizioso</span>, che consiste nell' autoriferimento di una totalità o di una classe a se stessa, bisogna evitare che tale totalità sia predicata di se stessa e far sì che qualunque asserzione su di essa cada fuori dalla totalità stessa. Per Russell a questo si può provvedere <span style="font-weight:bold;">distinguendo tra vari livelli o tipi di oggetti e predicati</span>: di tipo 1 sono gli individui (ad es. Socrate), di tipo 2 sono le proprietà o le classi di individui (ad es, l'umanità), di tipo 3 sono le proprietà o le classi di proprietà e così via. Il <span style="font-weight:bold;">paradosso delle classi</span> sorge dal presumere che tutte le classi siano di un tipo solo, mentre é fondamentale che le proprietà di un livello o tipo superiore siano applicate, vale a dire predicate, solamente ad oggetti di tipo inferiore. Questo vuol dire che, data ad esempio la funzione proposizionale 'se x é un uomo, x é mortale' , la teoria dei tipi dà regole per i valori che x può ammettere.<br />Ad esempio, da tale funzione é legittimo inferire la proposizione 'se Socrate é un uomo, Socrate é mortale' , ma non 'se la legge di contraddizione é un uomo, allora la legge di contraddizione é mortale' : quest'ultimo é solamente un gruppo di parole scevro di senso. Questo implica che 'Socrate' e 'la legge di contraddizione' appartengano a tipi diversi tra loro.Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-26471951944795955302010-06-02T19:54:00.000-07:002010-06-02T20:13:33.768-07:00Illusioni in Leopardi e Foscolo<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAcbIfgOlnI/AAAAAAAAAOc/hbMfq4Jd4Zo/s1600/illusione.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 398px; height: 400px;" src="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAcbIfgOlnI/AAAAAAAAAOc/hbMfq4Jd4Zo/s400/illusione.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5478377304429074034" /></a><br /><br /><span style="font-weight:bold;">"Illusione: motore di vita e di morte."</span><br /><br />In ogni epoca storica, l'uomo ha sempre desiderato la felicità, eppure, spesso essa non si trova che nella propria <span style="font-weight:bold;">mente</span>, nel proprio <span style="font-weight:bold;">cuore</span> e nella propria <span style="font-weight:bold;">fantasia</span>. Insomma, nelle illusioni.<br /><br />Specialmente in un'epoca storica travagliata come quella a cavallo tra i secoli 1700 e 1800, in cui l'individuo prendeva coscienza dei propri diritti e si accendeva dei valori individuali (rimanendo però singolo e impotente di fronte ai cambiamenti della storia), l'illusione fu il rifugio di poeti ed artisti.<br /><br />Essi divennero i portavoce del disagio, ed Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi furono in Italia gli esponenti maggiori tra i cantori di questo malessere.<br /><br />Entrambi possono essere considerati come “vittime” del proprio tempo, ma soprattutto come uomini in grado di sentire, e che, nonostante una profonda introspezione, non parlano individualmente, ma si rivolgono all'universo intero, facendosi portavoce dei sogni e delle speranze che ognuno ha dentro, così come del <span style="font-weight:bold;">disincanto</span> che da esse deriva.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">Ugo Foscolo</span>, affascinato in un primo tempo dallo spirito giacobino, ma infine deluso dal rovescio della sorte che aveva visto Napoleone trasformarsi da liberatore a tiranno, trovò rifugio nell'illusione, e la pose come risposta a quell'inquietudine che deriva dal conflitto tra ragione e cuore. Egli si rifaceva spesso al mondo antico, scegliendo il mito come rappresentazione di illusioni ancora intatte, descrivendo quel mondo di favola come luogo d'ingenua felicità, di perfezione. Ma, in ogni caso, questo rifugiarsi in qualcosa di già caduto, non può che accentuare l'amarezza che proviene dal disincanto, il drastico distacco tra <span style="font-weight:bold;">il sogno e la realtà</span>, tra i sentimenti dell'uomo e la crudeltà del mondo. Jacopo Ortis, infatti, sceglie la via del suicidio perché non riesce più a sopportare la propria sconfitta, nonostante siano state proprio le illusioni, o sogni e le speranze a dargli l'impulso per andare avanti.<br /><br />Anche <span style="font-weight:bold;">Giacomo Leopardi</span> si sentiva profondamente a disagio nei confronti della propria epoca e della società in cui si trovava. Egli lottava tra il silenzio a cui avrebbe voluto abbandonarsi, come ogni uomo, disilluso, avrebbe l'istinto di fare, e quella voglia di combattere per rimanere in piedi e riscattarsi dalla umana condizione di “mezze belve”. L'uomo si trova a fare i conti con una natura che gli è indifferente, se non, addirittura, avversa, ed ogni essere vivente sembra essere sempre schiacciato da una forza più grande di lui, che per quanto possa resistere rimane sempre fragile, e mortale. Ne “La ginestra”, per esempio, il poeta sprona gli uomini della propria epoca, almeno a riconoscere la bassezza e la futilità di quel tempo, confrontando l'aridità dei contemporanei con i valori più saldi dell'antichità. Ma poi, alla fine, la forza della natura è capace di distruggere l'uomo, il suo orgoglio e tutte le sue illusioni.<br /><br />FONTE: <a href="http://doc.studenti.it/appunti/letteratura/illusioni-foscolo-leopardi.html">http://doc.studenti.it/appunti/letteratura/illusioni-foscolo-leopardi.html</a>Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-79588156013642189502010-06-02T18:54:00.000-07:002010-06-02T19:26:32.407-07:00IL DOLORE: LA PERDITA DI SENSO DELLA NOSTRA VITA, LA PAURA DEL CAMBIAMENTO<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://2.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAcNRg_WEdI/AAAAAAAAAOU/nH2xy4dymHQ/s1600/Viale.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 300px;" src="http://2.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAcNRg_WEdI/AAAAAAAAAOU/nH2xy4dymHQ/s400/Viale.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5478362066284057042" /></a><br /><br />di <a href="http://www.piuchepuoi.it/il-dolore-la-perdita-di-senso-della-nostra-vita-la-paura-del-cambiamento.html">Susanna Ciacci</a><br /><br />Arriva inaspettato, a volte devastante quanto improvviso. Oppure si insinua lentamente nella nostra vita fino a farcene sentire sommersi, incapaci di reagire, di immaginare una via d’uscita. Spesso scatenato da un evento che non eravamo stati in grado di prevedere o che forse conoscevamo fin troppo bene, senza per questo riuscire a farcene una ragione. In ogni caso la prevedibilità dell’evento doloroso non è sufficiente a metterci al riparo dalla insostenibile sensazione di totale perdita di senso che invade la nostra anima quando siamo colpiti da un evento doloroso o traumatico. Una separazione, un lutto, un cambiamento radicale …. e il dolore diventa quel filtro grigio ineludibile che scolorisce ogni nostro sentire e che ci “separa” dal resto del mondo e della vita. <br /><br />Elemento imprescindibile delle nostre esistenze, ogni essere umano deve prima o poi confrontarsi con il dolore; quando tutto va bene, almeno con quella relativa all’angoscia della morte, realtà di cui prendiamo sempre più consapevolezza con la maturità e la vecchiaia. La paura è l’inseparabile compagna del dolore poiché l’evento doloroso ci obbliga ad affrontare forzatamente <span style="font-weight:bold;">l’ignoto della nuova condizione esistenziale</span> che, nostro malgrado, andiamo a vivere. La perdita, già in sè dolorosa, ci obbliga a confrontarci con il nuovo che ci aspetta. Quanto più l’oggetto della nostra perdita “appartiene” alla nostra vita, tanto più ci troveremo faccia a faccia con la paura del <span style="font-weight:bold;">cambiamento esistenziale</span> che dovremo affrontare. <br /><br />Il dolore è indissolubilmente legato al <span style="font-weight:bold;">sentimento della perdita</span> - di una persona cara… della salute… della casa… di beni materiali… della posizion sociale… <span style="font-weight:bold;">della nostra identità</span> - fatta anche di riferimenti, punti fermi e ricorrenti nelle nostre vite. In qualunque sfera (sociale, professionale, affettiva…) la perdita di questi riferimenti ”sicuri” ci destabilizza e provoca in noi la sensazione di <span style="font-weight:bold;">perdere, insieme a ciò che non è più, anche noi stessi</span>. Ci ritroviamo spaesati a dover ricostruire, neanche noi sappiamo bene cosa, in ogni caso la nostra vita.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">IL CORPO E L’IMMAGINAZIONE</span><br /><br />In questi momenti in cui ogni contatto col mondo e con noi stessi (al di fuori della nostra sofferenza) appare interrotto, potrebbe essere di aiuto <span style="font-weight:bold;">tornare al corpo e alla nostra fisicità, prove concrete del nostro “essere” </span>, che soli ci mantengono collegati al nostro “esistere”. Il corpo è il luogo in cui tutta la nostra storia è narrata e leggibile, specchio del nostro vissuto più profondo. Troppo spesso dimenticato, trascurato, strapazzato, vissuto come estraneo a noi. Nel momento della sofferenza IL riferimento, tra tutti quelli persi, resta il nostro corpo; riconosciamolo come amico e come nostro potente alleato nel ritrovare un po’ il nostro centro. Utilizziamolo, muoviamolo, lasciamoci muovere….. facciamo qualunque cosa ci aiuti ad aumentarne la percezione e la consapevolezza. Rendiamolo vivo ! e lui ci ripagherà.<br /><br />Magari concediamoci ogni giorno una mezz’ora in cui offrirgli tutta la nostra attenzione, cominciando dal respiro : è corto… profondo… superficiale…. Lasciamolo fluire spontaneamente, solo ponendo attenzione alla sensazione dell’aria che entra in noi e fluisce dalle narici ai polmoni; restiamo concentrati solo sulle nostre sensazioni fisiche : quale sensazione fisica emerge in primo piano su tutte?… cosa può volermi dire?…come sta in questo momento il mio stomaco… la nuca …..dove sento la mia paura….di che colore è….dove sta il mio dolore e se dovessi dagli una forma e un colore come li immaginerei ?….. Lasciamoci guidare dall’immaginazione e dall’intuito senza avere paura di essere stupidi o ridicoli anzi, se abbiamo tempo, disegnamo veramente ciò che abbiamo “visto”, diamogli forma e colore, oppure trasformiamolo in una poesia o in un racconto fantastico.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">COMPRENDERE IL DOLORE, ACCETTARLO, CONDIVIDERLO</span><br /><br />Sembra paradossale ma <span style="font-weight:bold;">non possiamo superare il dolore se non vivendolo a fondo</span>. Non cerchiamo di “dimenticare” perché nulla può essere realmente cancellato dalla nostra memoria ma anzi, se rimosso, continua ad agire attivamente in noi attraverso le vie dell’inconsapevolezza anziché della coscienza. Di fatto poter dimenticare è solo un’illusione e, come tale, non difende dal dolore. Se non attraversiamo consapevolmente il mare del nostro dolore, questo prima o poi tornerà a manifestarsi in qualche forma. <br /><br />Accettiamo il nostro dolore, accettiamo noi stessi e la nostra fragilità. Lasciamoci aiutare, affidiamo il nostro dolore ad orecchie ed occhi che sappiano ascoltarlo e guardarlo con <span style="font-weight:bold;">compassione</span> (cumpatire significa proprio <span style="font-weight:bold;">soffrire insieme</span>), confidiamo il nostro dolore a qualcuno in grado di accettare noi e la nostra sofferenza. Non svanirà, ma ci darà sollievo il condividerla con un essere umano capace di accoglierla senza “commentare”, senza volerci consolare a tutti i costi invitandoci a “distrazioni” che ci farebbero stare ancora più male. Questo atteggiamento, per quanto adottato in buona fede e a fin di bene, ci farebbe sentire ancora più incompresi e soli. La partecipazione autentica si limita ad offrire il calore della propria presenza nell’accettazione totale dell’altro e dei suoi sentimenti.<br /><br />Solo questo ci può aiutare, col tempo, a ritrovare la gioia di vivere e il senso della nostra vita nel presente, senza dimenticare il passato ma anzi, traendone nuova forza e consapevolezza nel senso ritrovato del nostro cammino.Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-45014010311475694962010-06-02T17:28:00.000-07:002010-06-02T20:15:26.181-07:00Il pensiero di Ludwig Wittgenstein<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://3.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAb4mZ7FkhI/AAAAAAAAAOM/uZhqUYqtrE4/s1600/Ludwig+Wittgenstein.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 324px;" src="http://3.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAb4mZ7FkhI/AAAAAAAAAOM/uZhqUYqtrE4/s400/Ludwig+Wittgenstein.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5478339335420219922" /></a><br /><br /><span style="font-style:italic;">di Silvia Lattanzi </span><br /><br /><span style="font-weight:bold;">1. Il “primo” Wittgenstein e la teoria raffigurativa del linguaggio.</span><br />Wittgenstein vede la filosofia come analisi del linguaggio e il problema a cui vuole trovare soluzione durante tutta la sua vita è l’individuazione delle condizioni in base alle quali il linguaggio è dotato di senso.<br />Nel Tractatus il pensiero è identificato con il linguaggio, il quale è visto come una perfetta rappresentazione della realtà. Il problema cruciale diventa, allora, il rapporto tra linguaggio e realtà, dato che il linguaggio rappresenta il mezzo di espressione del pensiero. Per risolvere questo problema Wittgenstein elabora la sua celebre “teoria raffigurativa del linguaggio”, basata sull’idea secondo cui tra il linguaggio e il mondo esiste un isomorfismo strutturale e se il mondo è inteso come la totalità dei fatti, il linguaggio diventa una totalità di proposizioni che significano i fatti. A ogni fatto, ossia a ogni elemento della realtà, corrisponde una parola che lo designa, ossia un elemento del linguaggio.<br />La realtà è un insieme strutturato di fatti e un fatto è, a sua volta, una struttura organizzata di cose, le quali non possono essere ulteriormente suddivise in altri elementi. Nell’elaborazione di questa teoria Wittgenstein si riferisce a una concezione realistica del mondo, il cui fondamento gnoseologico è empiristico: si può parlare solo di ciò che costituisce un fatto. Non si può esprimere e quindi non si può pensare niente di tutto ciò che esula dai fatti. <br />La “teoria raffigurativa del linguaggio” afferma che la lingua, l’insieme delle proposizioni dotate di senso, svolge un unico compito: denominare le cose. Ogni proposizione del linguaggio verbale è una raffigurazione di fatti e la raffigurazione, descrivendo un possibile modo d’essere delle cose che costituiscono i fatti, è una rappresentazione formale, di ordine logico e non una semplice copia della realtà.<br />Il linguaggio scientifico è quello che ha la funzione di far corrispondere la struttura delle proposizioni dotate di senso a quella della realtà e, quindi, “l’unico linguaggio dotato di senso è quello delle scienze naturali”(Wittgenstein, 1921).<br /><br /><span style="font-weight:bold;">2. Il “primo” Wittgenstein e il compito della filosofia.</span><br />Wittgenstein afferma che gran parte delle domande che si è posta la filosofia fino a quel momento sono da eliminare in quanto si generano da un uso inadeguato del linguaggio. Il linguaggio ha la funzione di descrivere i fatti e gran parte delle affermazioni della filosofia si pongono al di fuori dei fatti del mondo descrivibili. Non si può dire nulla su ciò che supera i limiti del linguaggio raffigurativo, l’unico che abbia senso, quindi il ruolo a cui compete la filosofia è quello di chiarire il significato delle proposizioni linguistiche, tracciando i limiti del pensiero, individuando i confini tra ciò che può essere descritto, quindi pensato, e ciò che non lo è. La filosofia è un’attività di chiarificazione e non una teoria.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">3. Il “secondo” Wittgenstein e la teoria dei “giochi linguistici”.</span><br />Dopo la pubblicazione del Tractatus Wittgenstein attraversa un periodo di silenzio e riflessione che trascorre insegnando nelle scuole elementari di villaggi austriaci. Il contatto quotidiano con il “linguaggio reale dei bambini” delle scuole elementari e alcune discussioni intellettuali con il matematico Frank Ramsey e l’economista Piero Sraffa conducono Wittgenstein ad avvertire che nella sua analisi filosofica aspetti fondamentali dell’esperienza umana non erano stati affrontati.<br />Nel 1929 torna a Cambridge e rivede la sua posizione teorica elaborando una “seconda filosofia” e adottando una diversa interpretazione del linguaggio. Egli si allontana dalle soluzioni del Tractatus e la sua nuova prospettiva filosofica culmina nell’opera delle Ricerche filosofiche.<br />L’indagine si focalizza ora sull’ambito della vita quotidiana, sull’esame delle esperienze della vita sociale e c’è il passaggio dal linguaggio logico – formale al linguaggio comune, quotidiano. L’obiettivo di Wittgenstein è descrivere e mostrare il mondo pluralista di tale linguaggio.<br />Il filosofo rifiuta l’idea di un linguaggio perfetto sostenendo che nel linguaggio quotidiano non può essere identificata una struttura formale unitaria, ma che esiste una molteplicità di pratiche linguistiche. Il linguaggio raffigurativo diventa uno dei possibili linguaggi esistenti nella quotidianità. Esso si trova sullo stesso livello dei linguaggi con cui non si denomina nulla, ad esempio le esclamazioni, le preghiere, le implorazioni, e sullo stesso livello di miriadi di atti (cantare, raccontare, inventare storie, imitare) con cui l’uomo svolge le funzioni più varie.<br />Ripudiando la teoria di un linguaggio dotato di essenza logica, strutturalmente simile a un mondo logico, l’autore giunge a pensare che la comprensione dei significati del linguaggio risieda nei suoi svariati modi d’uso nei diversi ambiti della vita quotidiana. L’osservazione di come una frase viene utilizzata in pratica permette di coglierne il senso. Il significato di una parola varia in relazione al contesto in cui è inserita, i suoi significati sono quindi posizionali e non “essenziali”, generati da presupposti pratici e non teoretici.<br />I modi d’uso del linguaggio, che Wittgenstein chiama “giochi linguistici” sono innumerevoli. Questa molteplicità non è qualcosa di fisso, di dato una volta per tutte, ma cambia continuamente così che, di volta in volta, nuovi tipi di linguaggio, nuovi giochi linguistici, si affermano mentre altri invecchiano e vengono dimenticati.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">4. Le “forme di vita”.</span><br />Il linguaggio è descritto da Wittgenstein come un insieme di “giochilinguistici”, dove il significato di una parola è il suo uso in un particolare contesto. Il mettere in atto un tipo di “gioco linguistico” fa parte di un’attività e come tale è costruita in base a delle regole. In questo senso il concetto di gioco linguistico rimanda direttamente a quello di “forma di vita”: il gioco, e quindi il linguaggio, non possono essere visti come un codice astratto di regole, ma devono essere considerati come attività fondate su regole semantiche e sintattiche, stabilite e condivise da una comunità umana. Il linguaggio fa parte di una forma di vita nel senso che si trova in relazione con una particolare situazione pragmatica, vive e si trasforma in un contesto di abitudini, simboli e credenze umane.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">5. Il “secondo” Wittgenstein e il compito della filosofia.</span><br />Teoricamente nelle Ricerche filosofiche Wittgenstein non cambia idea su quello che è il compito della filosofia, che rimane sostanzialmente quello di descrivere il linguaggio. Ciò che muta è il tipo di linguaggio a cui la filosofia deve riferirsi, non più quello perfetto delle scienze naturali, ma quello molteplice della quotidianità. Esprimendosi in modo più consono si può affermare che il compito della filosofia è analizzare gli infiniti modi di usare il linguaggio.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">6. Wittgenstein e il Postmodernismo.</span><br />È l’idea di Ludwig Wittgenstein secondo cui il linguaggio può essere considerato come un mezzo di comunicazione che si lega all’azione quotidiana dell’uomo ad avviare la linea di riflessione che caratterizza il pensiero postmoderno. <br />La prospettiva postmoderna vede il linguaggio come un complesso sistema simbolico generato dall’insieme degli artefatti umani che si creano in seno ad ogni cultura e che risultano essere fondamentali per la costruzione di una comunicazione dotata di senso. Se si vuole comprendere l’uomo è fondamentale partire dal tipo di linguaggio che egli utilizza in quanto in esso sono racchiusi i significati che egli pone a fondamento della propria azione, la quale è il veicolo costruttore della realtà quotidiana. <br />Per poter studiare ciò che gli uomini interpersonalmente e intrapersonalmente costruiscono a livello sociale si deve far riferimento alle parole e ai gesti che essi scelgono di utilizzare per esprimersi. Le parole e i gesti devono essere analizzati nei loro modi e contesti d’utilizzo in relazione al sistema culturale a cui gli uomini che li scelgono appartengono. Il sistema culturale è una discriminante fondamentale che evidenzia come una parola o un gesto non esprimono un unico significato possibile, in quanto uomini di culture diverse possono esprimersi in modo diverso nello stesso contesto. Anche il contesto risulta essere una discriminante fondamentale, infatti una stessa espressione può acquistare significati diversi in contesti diversi. Può anche succedere che uomini appartenenti alla stessa cultura scelgano di esprimersi in modo diverso in contesti uguali, evidenziando così l’importanza del “concetto di sé” nella scelta del proprio modo di agire. <br /><span style="font-weight:bold;">Il linguaggio è il “mediatore” della costruzione della realtà, o in modo più adeguato, del rapporto che lega l’uomo, la sua azione e il contesto in cui egli vive.</span> Il rapporto può essere visto come un processo circolare in cui esiste una molteplicità di possibili interpretazioni e non come un meccanismo lineare di causa effetto in cui è possibile un’unica spiegazione “perfetta”. Anche il linguaggio può essere visto come una pluralità di possibili funzioni e non come un’ unica e “perfetta” funzione, ossia quella di denominare gli oggetti, che rientra nella pluralità. Da questo punto di vista linguaggio e realtà si trovano in un rapporto di reciproca dipendenza.<br />Nella realtà generata dai “giochi linguistici” non esiste più nulla di certo e universalmente valido, ma tutto acquista significato in base ai “giochi” che ogni uomo sceglie di mettere in atto in uno specifico contesto, in base al riferimento culturale a cui l’uomo appartiene e in base al proprio Sé.<br />Il rifiuto della teoria raffigurativa del linguaggio, la conseguente negazione di una struttura logica del mondo universalmente valida e l’assunzione di un linguaggio che costruisce il mondo ed esprime <span style="font-weight:bold;">il Sé degli individui</span> risultano essere delle profonde innovazioni nella storia del pensiero. <span style="font-weight:bold;">Gli studiosi non potranno mai studiare una realtà vera in sé in quanto essa non può esistere, ma possono studiare solamente ciò che gli uomini considerano reale.</span><br /><br />FONTE: <a href="http://www.scienzepostmoderne.org/DiversiAutori/Brand/PensieroBrand.html">http://www.scienzepostmoderne.org/DiversiAutori/Brand/PensieroBrand.html</a>Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-45078322053133977942010-06-01T19:06:00.000-07:002010-06-01T19:11:44.636-07:00Virtute e canoscenza<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAW87cukGWI/AAAAAAAAAN8/9wjvpSVFxLc/s1600/dante_inferno.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 278px; height: 400px;" src="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAW87cukGWI/AAAAAAAAAN8/9wjvpSVFxLc/s400/dante_inferno.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5477992251275876706" /></a><br /><br /><span style="font-style:italic;">Fatti non foste a viver come bruti,<br />ma per seguir virtute e canoscenza.</span><br /><br /><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Inferno_(Divina_Commedia)">(Divina Commedia, Inferno, Canto XXVI, 119 – 120)</a>Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-29212138555484212052010-06-01T13:51:00.000-07:002010-06-02T17:38:41.044-07:00Mantra, Suono, Musica e Cervello<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://3.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAV2KkyNRHI/AAAAAAAAAN0/rJ2ukyZxLfo/s1600/carbon.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 400px;" src="http://3.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAV2KkyNRHI/AAAAAAAAAN0/rJ2ukyZxLfo/s400/carbon.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5477914445811106930" /></a><br /><br /><span style="font-style:italic;">Immagine tratta da:</span> <a href="http://www.chaoscope.org/gallery.htm">http://www.chaoscope.org/gallery.htm</a><br /><br /><span style="font-weight:bold;">Suono, cervello e vibrazione<br />Un panorama delle ricerche internazionali</span><br /><br /><span style="font-style:italic;">da "Enciclopedia olistica"<br />di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli</span><br /><br />Dalle antiche scritture e dai miti della creazione fino alle piu' moderne teorie sulla coscienza, si è sempre speculato riguardo alla <span style="font-weight:bold;">vibrazione</span> come a ciò che sottostà alle forme fisiche.<br />Questo concetto compare nei modelli tradizionali dell'origine del Cosmo, nella fisica delle onde sonore, nel movimento planetario e negli studi sulle onde del cervello. Ora la vibrazione può essere vista in azione grazie al "macroscopio".<br /><br />Basandosi sul lavoro dello scienziato e fisico svizzero <span style="font-weight:bold;">Hans Jenny</span>, morto nel 1972, il fisico matematico arnericano <span style="font-weight:bold;">Ralph Abraham</span> ha costruito un "macroscopio" in grado di osservare in tempo reale l'emergere delle forme dalle vibrazioni.<br />I suoni, dalle campane tibetane ai canti gregoriani, che vengono da un altoparlante ad alta fedeltà producono la vibrazione di un liquido trasparente che a sua volta produce delle onde statiche che vengono poi proiettate sullo schermo di un monitor come immagini colorate di strutture in costante movimento.<br />Trasformando suoni ad alta frequenza in forme/strutture a bassa frequenza il macroscopio dimostra visivamente la relazione tra complessi dinamici e morfogenesi o modelli di formazione.<br />Le strutture visualizzate dal macroscopio mostrano analogie con popolazioni di cellule, reti di comunicazioni in costante oscillazioni che ricordano i potenziali elettrochimici del cervello.<br /><br />Pitagora, ad esempio, aveva espresso la sua convinzione che le strutture fisiche o mentali avessero una precisa e matematica origine nelle vibrazioni. Come il matematico Ralph Abraham credeva che le radici della matematica, della musica e del misticismo fossero strettamente legate: la loro origine comune era appunto la vibrazione informazione.<br />Il fotone, l'unità di luce, crea tutte le onde elettromagnetiche, dai raggi cosmici ai raggi x, variando la frequenza della sua vibrazione.<br />Recentemente la matematica è stata separata da queste sue radici culturali. Nel suo libro "Vibrazioni", Abraham traccia le basi della filosofia naturale dall'antichità, al Rinascimento, fino al 20° secolo, mostrando come la vibrazione è stata alla base della creazione della matematica e ricreando poi le basi logiche per la nuova fusione tra matematica, musica e spiritualità che sta avvenendo ora.<br />Utilizzando gli strumenti della moderna matematica basata sui complessi dinamici, egli ha formulato un prototipo di modello del cervello in cui le onde cerebrali viste come vibrazioni possono essere stimolate da un computer.<br /><br />"Le onde cerebrali sono dei pacchetti d'onda che oscillano in un network (rete) tridimensionale formata da cellule. Stimolando i loro movimenti e tracciando mappe delle loro transizioni possiamo iniziare a costruire un modello complesso quanto il cervello stesso."<br /><br /> <br /><br /><span style="font-weight:bold;">Tomatis: neurofisiologia dei canti gregoriani</span><br /><br />Qual è il potere curativo del canto e della recitazione? Perché certi suoni sono considerati sacri in tutto il mondo? Dall'OM alle ninnananne, dai canti Gregoriani ai canti corali moderni, l'esercizio spirituale della voce porta serenità e poteri indescrivibili a parole.<br /><br />Il medico francese Alfred Tomatis ha studiato gli effetti terapeutici del canto. Le ricerche di Tomatis in Francia ed in Canada hanno messo in rapporto l'udito con le dinamiche del corpo e della mente.<br />Al contrario della comprensione popolare, diceTomatis, "l'orecchio è un organo primario di consapevolezza". E' inteso essenzialmente per provvedere una carica di potenziale elettrico al cervello. La corteccia poi distribuisce in tutto il corpo la carica che ne deriva.<br />La conclusione di Tomatis è che l'orecchio non è un pezzo differenziato della pelle, piuttosto, la pelle è un pezzo differenziato dell'orecchio.<br /><br />Le alte frequenze sembrano avere il maggior effetto ricaricante. I suoni nelle basse frequenze possono "scaricare" o stancare gli ascoltatori.<br />Questo è il segreto del canto delle alte frequenze.<br /><br />Tomatis ha esaminato il suono dei canti Gregoriani con un oscilloscopio. Questi, ha rapportato, cadevano entro il raggio dei suoni ricaricanti. Inoltre, erano come uno "yoga respiratorio". Coloro che cantavano sembravano rallentare il loro respiro e inducevano gli ascoltatori nello loro stesso stato di tranquillità."<br />Tomatis ha visitato monasteri Benedettini in tutto il mondo per studiare i monaci che praticano i canti Gregoriani. Ad un ritiro in Francia, un giovane frate stava riformando la tradizione. Tagliò severamente il tempo che i monaci dedicavano al canto e notò che presto cominciarono a diventare più svogliati e a dormire di più. Inoltre, un medico consigliò agli uomini di seguire una dieta tradizionale e questo fece peggiorare le cose.<br />Fu chiamato Tomatis. Egli reintrodusse il loro lungo orario di canto. Presto, disse, stavano dormendo meno, lavorando di più e si sentivano meglio.<br />"Certi suoni sono efficaci come due tazze di caffè. I canti Gregoriani sono fonti di energia fantastici. Io ci lavoro come musica di sottofondo e dormo solo tre o quattro ore a notte". <br /><br /><br /><object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/a0E8piRbj-g&hl=it_IT&fs=1&"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/a0E8piRbj-g&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object><br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">Percezione dei toni e meditazione</span><br /><br />Alcuni psicologi dell'Università di Washington pensano di avere prove attendibili che la meditazione incrementa il funzionamento dell'emisfero cerebrale destro. Gli effetti sembrano anche essere cumulativi. I meditatori più esperti ottengono risultati migliori sia dei meditatori principianti che del gruppo di controllo.<br /><br />"Per quanto ne sappiamo, questo è il primo studio sperimentale che connette la meditazione con l'emisfero non dominante" - hanno detto Robert Pagano e Lynn Frumkin - "La dimostrazione di questa connessione è coerente con l'aumento delle ricerche empiriche che associano l'emisfero destro alle tecniche di espansione della consapevolezza."<br /><br />Essi scelsero un compito relativo alla musica considerando che la specializzazione della recettività melodica dell'emisfero destro era già ben stabilita sperimentalmente. Scelsero di utilizzare il "subtest" per la memoria tonale del Seashore Music Battery. I soggetti nel primo test erano praticanti esperti di Meditazione Trascendentale e non meditatori. I meditatori avevano praticato due volte al giorno per almeno un anno (precisamente in un raggio tra 1.4 e 3 anni). I non meditatori erano studenti non laureati di psicologia. Tutti i soggetti erano destrorsi d'età tra 18 e 30 anni.<br />Dato che altri studi hanno dimostrato che i musicisti allenati tendono ad ascoltare la musica analiticamente, attivando i processi dell'emisfero sinistro, tutti i soggetti erano musicalmente "naive" avevano avuto meno di un anno di training strumentale o vocale durante gli otto anni che precedettero lo studio.<br />Prima dei test, i soggetti della Meditazione Trascendentale avevano avuto istruzione di meditare per 20 minuti e ai non meditatori fu detto di chiudere gli occhi e di rilassarsi. Poi tutti i soggetti furono testati per la memoria tonale.<br />I gruppi di meditazione mostrarono una superiorità "altamente significativa" nei confronti dei non meditatori su "blindly rated test data" con una probabilità di punteggio casuale di uno in 200.<br />Quando i meditatori inesperti (con meno di un mese di pratica) furono paragonati ai soggetti di controllo in un secondo esperimento, non vi fu nessuna differenza significativa tra i due gruppi.<br /><br />"E' importante notare," dissero i ricercatori, "che i dati risultati dai non meditatori e dai meditatori inesperti... rientrano nei parametri normali. Sono i dati dei meditatori esperti che risultano al di sopra della media e che hanno prodotto differenze significative".<br /><br />Sembra ragionevole dedurre che la meditazione, una tecnica capace di alterare la consapevolezza drammaticamente, produca anche un effetto differenziale sul funzionamento dell'emisfero destro. Hanno detto che questa ipotesi potrebbe essere provata in maniera più conclusiva se anche altre funzioni dell'emisfero destro fossero incrementate. <br /><br />Ascoltare col corpo per espandere la dimensione dell'udito. Uno strumento essenziale per l'evoluzione<br /><br />E' stata recentemente scoperta la "prospettiva uditiva", un modo di percezione dei suoni che può essere paragonato alla scoperta della prospettiva tridimensionale durante il Rinascimento.<br />Sandra Seagal, una psichiatra di Los Angeles, ha scoperto che questa differente modalità di ascolto può essere acquisita imparando a ricevere le vibrazioni sonore con l'intero corpo.<br /><br />"Si ascolta con l'intero strumento umano come se fosse suonato dai suoni che gli giungono. E' come essere una particella nella nuova fisica. Ti senti risuonare come un punto focale in un campo di relazioni molto più vasto."<br /><br />Seagal considera la prospettiva uditiva come "uno strurnento essenziale per l'evoluzione".<br />Ha il potenziale per facilitare la comprensione e l'armonia tra sposi, genitori e figli, insegnanti e studenti, supervisori ed impiegati e anche tra i leader delle nazioni.<br />Le affermazioni della Seagal sono state confermate sia nella sua pratica privata di psicologa sia in vari casi di consulenze per scuole e aziende.<br />Le ipotesi della Seagal sono state verificate analizzando i dati emersi dalle persone da lei sottoposte ad apprendimento della nuova tecnica dopo essere state sottoposte ad analisi elettronica della voce.<br />La prospettiva uditiva rende l'individuo in grado di sentire/ascoltare le altre persone così come sono, indipendentemente da quello che ci dicono. "Le nostre funzioni mentali, emozionali e sensoriali sono codificati nella voce in modo determinato proprio come lo sono le informazioni genetiche nei nostri geni."<br />Ogni individuo, secondo la Seagal, è centrato in una delle tre seguenti funzioni basilari della personalità.<br /><br />Gli individui con un centro emotivo dorninante vedono il mondo valutando le loro relazioni personali.<br /><br />Gli individui con una sfera mentale dominante percepiscono il mondo attraverso le informazioni e le idee che considerano più valide.<br /><br />Gli individui centrati sulle loro sfere sensoriali, meno comuni nell'Occidente, sono predominanti in Oriente. Essi percepiscono il mondo biologicamente attraverso la "saggezza del corpo". Essi sono i tipi caratteriali più accomodanti e meno inclini a voler cambiare il mondo. Secondo Seagal, ognuna di queste funzioni caratteriali sono almeno dormienti se non attive in ognuno. Sono poche le persone che hanno pienamente integrato le loro funzioni. Questa integrazione fa parte del dovere evolutivo dell'individuo. L'aspetto meno evidente, ha detto Seagal, è normalmente quello cruciale per il proprio senso di ciò che è significativo ed appagante. Essenzialmente, ha detto Seagal, il disegno sottostante è immutabile quanto l'eredità genetica. "La costituzione di base può essere modulata, ma i tentativi di ristrutturarlo sono una violazione dell'integrità personale. L'equilibrio, la completezza può essere nutrita come può essere storpiata. Non puo' essere ricostituita. Ogni funzione caratteriale vibra all'interno di un particolare suono o raggio di frequenze. La gente puo' essere istruita per sentire le differenti risonanze nelle voci di altre persone mentre le ascoltano.<br />La vibrazione di frequenza alta, mentale, risuona in cima alla testa.<br />La vibrazione di frequenza media, emozionale, è tracciabile sulla fronte. <br />La frequenza di vibrazione bassa è sentita in mezzo agli occhi e sulle tempie.<br /><br />Quando istruisce la gente a sentire queste frequenze, Segal utilizza musica rappresentativa: Paganini (mentale), Chopin e Beethoven (emozionale), Mozart e Bach (sensoriale). Gli apprendisti ascoltano in uno stato di consapevolezza vasta.: gli occhi non competamente a fuoco ma allo stesso ternpo consci della periferia mentre l'attenzione è centrata su di un punto sopra la testa. <br /><br /> <br /><br /><span style="font-weight:bold;">Musica, Cervello ed Emisferi</span><br /><br />Una varietà di studi recenti si sono focalizzati sulla neurologia della musica, del rumore, della parola e sulle soglie dell'udito.<br />Dei ricercatori di Parigi hanno dimostrato che le note e le scale musicali vengono mediati primariamente dall'emisfero sinistro e la melodia dal destro. Studiando 22 soggetti destri, i ricercatori hanno trovato una significativa attività elettrica nell'emisfero destro in risposta a una melodia di Chopin. D'altra parte, una nota monotona ripetuta e una scala maggiore, producevano una maggiore attivazione dell'emisfero sinistro. La predicibilità delle note e delle scale, dicono gli autori, potrebbe coinvolgere la capacità dell'emisfero sinistro di capire le strutture, mentre la melodia potrebbe richiedere un processo integrativo e funzioni associative più complesse.<br /><br /> <br /><br /><span style="font-weight:bold;">Il parlare automatico</span><br /><br />Canticchiare una melodia a bocca chiusa non è solamente un atto del cervello destro, secondo alcuni ricercatori svedesi. In ogni caso canticchiare il tema di una rima infantile familiare richiede aiuto da parte dell'emisfero sinistro, forse per organizzare la memoria.<br />Il parlare automatico, la ripetizione continua dei giorni della settimana richiede sia la mediazione dell'emisfero sinistro per il controllo della bocca che la mediazione dell'emisfero destro per il controllo della laringe.<br />Apparentemente l'emisfero destro risponde anche ad informazioni che arrivano attraverso le orecchie e altri sensi. Sembra che i due emisferi partecipino in modo eguale nell'attivazione motoria prima del canticchiare a bocca chiusa o del parlare automatico.<br />Quando i soggetti ripetevano i giorni della settimana, il flusso di sangue nell'emisfero destro aumentava in modo significativo. Durante il canticchiare a bocca chiusa non si notava alcuna differenza nel flusso del sangue. <br /><br /> <br /><br /><span style="font-weight:bold;">Riconoscimento della voce</span><br /><br />Due ricercatori dell'UCLA riferiscono che il riconoscimento di una voce familiare attiva di più l'emisfero destro, mentre il distinguere tra due voci non familiari impegna il sinistro. Questo risultato sfida l'ipotesi, molto diffusa tra gli psicologici, che il riconoscimento e la discriminazione della voce siano compiti dello stesso meccanismo cognitivo. Riconoscere una voce familiare è un atto olistico, un accoppiare delle caratteristiche vocali uniche ad un nome o a una persona.<br />Questa funzione gestaltica viene, apparentemente, espletata maggiormente dal cervello destro. Ma l'ascoltare diverse voci non familiari ci richiede di discriminare tra accenti, nasalità e altre caratteristiche. Questo sembra richiedere le capacità analitiche dell'emisfero sinistro.<br /><br /> <br /><br /><span style="font-weight:bold;">Cantare mentalmente stimola l'evoluzione del cervello</span><br /><br />Due patologi di New York suggeriscono che canticchiare a bocca chiusa e cantare ripuliscono il cervello stimolandone il 'drenaggio'.<br />Gridare e parlare a voce alta probabilmente servono allo stesso scopo. Karel Jindrak e sua figlia, Heda Jindrak, dell'ospedale metodista di Brooklyn hanno proposto che il canticchiare a bocca chiusa, cantare e altre vocalizzazioni ad alta voce stimolino l'equivalente di un sistema linfatico del cervello. Le vibrazioni della laringe e l'aria nel tratto vocale sono trasmesse parzialmente nel cranio, massaggiando, così, il cervello. Questo massaggio permette un maggior flusso di liquido cerebrospinale attraverso il cervello e aiuta a rimuovere materiale di scarto.<br /><br />Gli Jindrak dicono che la loro teoria ha delle implicazioni per l'evoluzione: i CroMagnon potrebbero aver prevalso sui Neanderthal perché i loro cervelli potevano essere ripuliti. Le vibrazioni della laringe erano troppo deboli e di frequenza troppo bassa per poter portare in risonanza le massicce ossa craniche dei Neanderthal.<br />Gli Jindrak fanno notare che cantare è universale, negli esseri umani, quanto il parlare o la religione, eppure altri primati non cantano. Inoltre propongono che il giocare rumoroso dei bambini sia terapeutico. <br /><br /> <br /><br /><span style="font-weight:bold;">Musica ai miei orecchi</span><br /><br />Un recente studio nello stato di Washington suggerisce che il godere la musica altera il grado di cambiamento temporaneo di soglia (diminuzione dell'acutezza auditiva) a cui la persona è soggetta mentre l'ascolta. Dieci studenti maschi che dicevano di amare la musica pop/rock e dieci che dicevano che non gli piaceva furono esposti, per dieci minuti, sia a musica che a rumore.<br />Furono quindi studiati a 90 secondi di intervallo per la risposta a frequenze di 4 e 6 kilohertz. I risultati hanno mostrato che quelli che amavano la musica avevano un cambiamento di soglia molto più piccolo di quelli che non la godevano. Inoltre, nel secondo gruppo si registrò uno spostamento più drammatico in risposta alla musica che in risposta al rumore. Questi risultati sono stati osservati soltanto alle frequenze più alte di 6 kilohertz, il che suggerisce che l'intervallo di spostamento più piccolo predice un recupero più veloce dell'udito. H.A. Dengerink crede che gli effetti del rumore possano essere moderati anche dall'atteggiamento. A questo proposito cita studi che mostrano come dei lavoratori di un ovile erano molto meno disturbati dai loro supervisori che dal costante scampanio, malgrado lavorassero molto più vicino al rumore.<br />Tuttavia, Dengerink dice di essere cauti perché il godere o il tollerare la musica o il rumore forte dà solo una protezione limitata dai danni all'udito. A lungo andare una perdita dell'udito è inevitabile. È importante per i ricercatori scoprire la connessione tra effetti a breve e a lungo termine.<br /><br /> <br /><br /><span style="font-weight:bold;">Fumare altera l'udito</span><br /><br />Uno studio correlato dimostra che i fumatori tendono ad avere uno spostamento di soglia dell'udito più piccolo dei non fumatori, specialmente quando vengono stimolati dal rumore o da esercizi. Secondo Dengerink e collaboratori, 18 soggetti, metà non fumatori, venivano controllati per lo spostamento di soglia dopo essere stati esposti per 10 minuti a del rumore, per 10 minuti a esercizi fisici e, quindi, per 10 minuti ad entrambi simultaneamente. I fumatori sperimentavano consistentemente meno spostamenti dei non fumatori e il battito del loro cuore e la pressione sistolica del sangue aumentavano di più, specialmente nel periodo dell'esercizio. Questo indica che la nicotina può aiutare a produrre gli stessi spostamenti dell'esercizio fisico abbassando la risposta fisiologica. Uno dei fattori chiave potrebbe essere l'aumento del flusso sanguigno cocleare, poiché una diminuzione del flusso è stata correlata ad un cambiamento di soglia temporaneo. Tuttavia, dice Dengerink, ci potrebbe essere dell'altro. Altri risultati: gli effetti più forti del rumore avvenivano nell'intervallo di ottava al di là di 2 kilohertz e, come in studi precedenti, una temperatura più alta della stanza è stata correlata con spostamenti più alti. <br /><br /> <br /><br /><span style="font-weight:bold;">Il rumore altera le papille gustative</span><br /><br />Dopo il rumore, dicono dei ricercatori francesi, i cibi dolci sono più dolci. Un aumento del desiderio per i dolci potrebbe essere legato allo stress causato dal rumore. Precedenti studi hanno dimostrato che lo stress mobilizza le endorfine stimolanti l'appetito e la dopamina. C. Ferber e M. Cabanac, Appetite 8: 229-235.<br /><br /> <br /><br /><span style="font-weight:bold;">Stress, voce e computers</span><br /><br />La complessità di una prova e lo stress da superlavoro hanno un impatto significativo sul parlare, secondo uno studio dell'U.S. Navy. Durante una prova complessa, il tono e il volume si alzano e il parlare diventa rapido. Questo pone dei problemi per i nuovi sistemi di computer che saranno in grado di essere pilotati dal riconoscimento della voce. La voce di un pilota potrebbe essere alterata da stress quali superlavoro durante il volo, accelerazione, vibrazioni, rumore.<br />Nello studio che riportiamo 60 studenti piloti dicevano ripetutamente i numeri da zero a nove mentre erano impegnati in due altre prove. La prima richiedeva che il pilota tenesse la sua mira su un bersaglio fisso sia con una manopola a mano che con un pedale. Sembra che parlare durante questa prova aggiungesse molto poco al carico di lavoro. La seconda prova era molto più impegnativa. Gli aviatori dovevano scrivere una serie di lettere e di cifre dette attraverso una cuffia in un orecchio mentre dovevano ignorare quelle dette nell'altro orecchio. Ripetere i numeri nello stesso tempo affaticava molto di più i piloti, e le loro voci cambiavano significativamente. <br /><br /> <br /><br /><span style="font-weight:bold;">Rumore e impotenza</span><br /><br />Dei rumori controllabili e incontrollabili sono stati usati come generatori di stress da dei ricercatori di Baltimore nella speranza di imparare qualcosa di più sul meccanismo implicato nella 'impotenza acquisita'. Le persone non erano molto disturbate, nell'arco di 30 minuti, da un rumore che potevano far smettere, ma la stessa quantità di rumore, quando non erano in grado di controllarla, li lasciava disturbati e alterati neurofisiologicamente. Alan Brier e collaboratori pensano di poter avere identificato i correlati neurobiologici del senso di impotenza che si pensa sia implicato nella depressione. La maggior parte dei modelli precedenti erano basati su ricerche su animali e quindi non potevano correlare cambiamenti oggettivi con cambiamenti di umore.<br />Delle persone in buona salute mentale dovevano ascoltare un suono forte (100 decibel) in due differenti situazioni. Nella prima erano in grado di far smettere il suono premendo un bottone.<br />Nella seconda situazione premere il bottone non aveva nessun effetto, ma i soggetti non lo sapevano. Per due volte durante la sessione gli venne dato un messaggio che li spingeva a 'continuare a tentare più forte'. I soggetti riferivano i loro stati d'animo prima di iniziare la sessione. Dopo il suono incontrollabile riferirono un aumento di depressione, di senso di impotenza, ansietà e tensione. "La mancanza di controllo su uno stimolo anche solo mediamente sgradevole può produrre cambiamenti significativi in soggetti sani", concludono i ricercatori. Essi fanno inoltre l'ipotesi che 'stressori' di rumore incontrollabili dovrebbero produrre cambiamenti ancora più forti in persone depresse o maniaco-depressive. Infatti, risultati preliminari mostrano una risposta particolarmente forte nelle persone con disordini affettivi. I ricercatori hanno in progetto di paragonare le reazioni di queste persone in periodi di remissione e in periodi acuti.<br /><br /> <br /><br /><span style="font-weight:bold;">Il suono del pianto</span><br /><br />Secondo lo psicologo Philip Zeskind il tono (frequenza sonora) del pianto di un bambino può fare da avvertimento per problemi neurologici. Zeskind ha misurato il grido di neonati a 2000 cicli al secondo, descritto come insopportabile e stressante dagli adulti. Il pianto normale varia tra i 450 Hz (disagio di media intensità) e i 600 Hz (dolore forte). Il pianto a 2000 Hz, che suona come il fischio di un teiera, viene sentito, talvolta, durante le prime 48 ore vita. Raramente continua nel primo mese di vita eccetto che dopo nascite difficili ed esposizioni prenatali a alcool, nicotina e altre droghe. <br /><br /> <br /><br /><span style="font-weight:bold;">Suono, luce, sincronizzazione del cervello</span><br /><br />Quando il cervello viene stimolato otticamente (per es. luce stroboscopica), acusticamente o elettromagneticamente in una determinata frequenza, succede che subentri la cosiddetta reazione conseguente alla frequenza (Frequency Following Reponse o FFR): le parti del cervello che ricevono questi stimoli, tendono a sincronizzarsi sulla stessa lunghezza d'onda del segnale che ricevono: ciò significa per es. che una situazione di rilassamento di onda ALPHA può essere prodotta attraverso toni ritmici con la loro frequenza EEG corrispondente...<br /><br />Anche i due emisferi del cervello (il sinistro atto al pensiero logico e razionale, quello destro invece al pensiero associativo e sede di emozioni e fantasia) possono essere indotti attraverso stimolazioni esterne ad "ondeggiare" con la stessa frequenza, cosa che può portare a nuovi pensieri e deduzioni e ad uno stato di rilassamento ed equilibrio.<br />Attraverso la risposta conseguente alla frequenza (FFR) e la sincronizzazione degli emisferi cerebrali (HEMYSYNCH) vengono effettuate variazioni sull'elettroencefalogramma verso le onde ALPHA equilibrando i due emisferi del cervello. Ne conseguono rilassamento fisico, tranquillizzazione psicologia ed armonia.<br /><br />Molti dei fenomeni finora descritti (reazione conseguente alla frequenza, produzione di sostanze chimiche neurotrasmettitrici, crescita ed evoluzione del cervello, crescita delle connessioni nervose e perciò anche dell'intelligenza) possono essere indotti con l'aiuto di queste Brain Machines (ndr. musica subliminale con infrasuoni e battiti binaurali).<br />A questo scopo vengono impiegati segnali ben definiti (di natura ottica, acustica o elettromagnetica) con parametri variabili (frequenza, intensità, lunghezza d'onda e fase).<br /><br />Osservando bene attorno a noi, riconosciamo che la vita è costituita sempre da due poli contrastanti. Giorno-notte, sotto-sopra, destra-sinistra, uomo-donna, positivo-negativo, caldo-freddo, ecc. Anche nel nostro cervello nei due emisferi, esiste questa polarità con diversa funzione.<br />La stessa polarità si può notare nel sistema neurovegetativo tra il simpatico (che ha come funzione lo scaricare l'energia e condurre la decomposizione nel processo di trasformazione delle sostanze) e del parasimpatico (che ha la funzione di trattenere l'energia, ricostruirla, recuperarla).<br />Anche nello studio dell'agopuntura, nella parte molto ramificata della rete di meridiano, notiamo che esiste una polarità tra yin e yang.<br />Più grande è la tensione tra i due poli, maggiore è l'azione tra il caricare e lo scaricare. Succede così che da quest'azione di tesi e di antitesi, nasca una sintesi, la quale produce a sua volta, una nuova tesi, continuando il gioco.<br /><br />Si può dunque ricreare questa nuova unità anche con l'ausilio del sincronizzatore, sia che ne siamo coscienti oppure no. In questo caso la macchina della mente (ndr. musica subliminale con infrasuoni e battiti binaurali) è veramente un aiuto nell'aiutare.<br /><br />La maggiore parte delle persone nella società occidentale utilizza il suo cervello nello stato di veglia in modo che le onde Beta risultano predominanti. Questa gamma d'onde se da un lato è tipica del pensiero analitico e che ha attitudine alla soluzione dei problemi (qualcosa cioè che in una società di lavoro meccanizzato ed altamente specializzato risulta quasi inevitabile) dall'altro lato è però associabile ad uno stato di continua tensione, preoccupazione e paura.<br />Perciò non deve assolutamente stupire se i molti vantaggi della capacità di sottrarsi alla fase Beta in favore di Alpha, riguardano problemi di varia natura, sia in ambito medico che psicologico. Tenere in allenamento queste capacità è uno degli scopi di tutte le tecniche di rilassamento tradizionali e moderne.<br /><br />Gli effetti positivi del training autogeno, yoga e meditazione, su lavoro e prestazioni, sono a tutt'oggi praticamente indiscussi. Le Brain Machines ottengono effetti simili in tempi sostanzialmente più brevi e sono facilmente utilizzabili, per es. nelle pause lavorative.<br /><br />Ora il programma di John Selby si attiva automaticamente dopo un determinato tempo di attività e permette all'utente di usufruire di pause rigenerative fatte di esercizi e rilassamento attraverso stimolazioni ottiche ed acustiche mirate. Con il bilanciamento dell'attività cerebrale vengono inoltre influenzate positivamente le reazioni di difesa di situazioni patologiche nel trattamento delle psicosi maniaco-depressive e delle tossicodipendenze.<br /><br />L'effetto di maggior rilievo in proposito è la produzione di endorfine naturali da parte del corpo.<br /><br />Tale bilanciamento è in grado infine di favorire l'intelligenza, l'apprendimento, la creatività (attraverso la stimolazione delle onde gamma-theta), la soluzione di problemi di management e la capacità di godere del rilassamento nel tempo libero.<br />La "cultura del corpo" e la "cultura della coscienza" potrebbero insieme essere la base della cultura del terzo millennio. <br /><br /> <br /><br /><span style="font-weight:bold;">Il dna diventa musica</span><br /><br />Dal "Corriere delle Sera" - 10 settembre 1992.<br /><br />Si tratta di sinfonie musicali ottenute ricopiando le sequenze delle quattro unità chimiche che formano la molecola del DNA, spiega David Deamer, biofisico dell'Università di Davis, il primo a tradurre i geni in musica.<br /><br />Ogni unità di Dna rappresenta un'aria musicale autonoma, aggiunge Susan Alexander, compositrice e docente di musica alla California State University, proprio come nelle Quattro Stagioni di Vivaldi o nella Nona sinfonia di Beethoven. La molecola che determina le caratteristiche genetiche di ciascun individuo varia da persona a persona e le sinfonie sono perciò infinite, dato che la configurazione delle quattro componenti chimiche è sempre diversa. Alcuni individui hanno un Dna musicale noioso, lento e ripetitivo, continua Deamer, altri invece possono suggerire musiche simili al jazz, altri al blues, le possibilità sono davvero infinite.<br /><br />In America è già iniziata la corsa alla scoperta dei propri geni in musica, basta andare in un laboratorio medico, farsi determinare la struttura del proprio Dna e affidare i risultati a un compositore. Deamer dice che gli americani vanno pazzi per questa nuova esperienza di poter finalmente dire: <span style="font-weight:bold;">"Questa è proprio la mia musica!"</span>.<br /><br />FONTE: <a href="http://www.marcostefanelli.com/subliminale/mantrasuono.htm">http://www.marcostefanelli.com/subliminale/mantrasuono.htm</a>Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-74371040588375264742010-06-01T11:47:00.000-07:002010-06-01T13:26:31.291-07:00Costruzione dell' IO: Simile / Diverso.<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAVXVtqTbsI/AAAAAAAAANU/a_YpymXW5-c/s1600/specchio.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 271px;" src="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAVXVtqTbsI/AAAAAAAAANU/a_YpymXW5-c/s400/specchio.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5477880552311975618" /></a><br /><br />Penso che il senso della nostra identità spesso passi attraverso la <span style="font-weight:bold;">conferma del “simile”</span> e lo <span style="font-weight:bold;">scontro con il “diverso”</span>: tutti i discorsi che si fanno tra amici e che cominciano con “Anch’io…” oppure “Io invece no…”, non fanno che affermare e confermare la nostra identità.<br /><br />Il “simile” accomuna, è segno che non sono solo, ma sono “insieme a…”, “assimila”, infonde sicurezza; il “diverso” differenzia, è segno che sono unico e speciale, “individualizza”.<br /><br />In questo modo cresciamo e ci conosciamo, ripetute esperienze di similarità e diversità ci raccontano come siamo, a poco a poco ci disegnano e come in uno specchio ci restituiscono la nostra immagine.<br /><br />Da questo punto di vista si può affermare che l<span style="font-weight:bold;">a nostra vita è costellata da innumerevoli esperienze di comunanza o estraneità/isolamento, l’importante è la loro equilibrata e moderata alternanza</span>: le esperienze di similarità sono alla base della nostra sicurezza di non essere soli, quelle della diversità del nostro coraggio di diventare noi stessi, di realizzare cioè la nostra unicità.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">Ma cosa succede quando invece di un’equilibrata alternanza, c’è una netta prevalenza di un solo tipo di tali esperienze?</span> Come ci si sente, per esempio, quando la costruzione della nostra identità passa quasi esclusivamente attraverso lo scontro con il “diverso”?<br /><br />Succede che invece di crescere sentendoci <span style="font-weight:bold;">unici e speciali</span> e proprio per questo ricercati e accolti dagli altri, ci sentiamo terribilmente <span style="font-weight:bold;">soli ed esclusi</span>, la nostra unicità invece di un pregio diventa un insostenibile peso che cercheremo in ogni modo di nascondere, e al coraggio di avanzare nel processo della nostra differenziazione/individuazione subentra la paura dell’isolamento e del rifiuto.<br /><br />Tali sono gli individui che nell’infanzia o più avanti nell’adolescenza hanno vissuto troppo intense o troppe numerose esperienze di diversità per i motivi più vari: timidezza, lievi difetti fisici, separazioni o altro, esperienze non sostenute e contenute dal caldo abbraccio di un ambiente famigliare capace di cancellarle.<br />Ogni differenza diventa così sinonimo di inadeguatezza, incapacità, esclusione, vergogna.<br /><br />A risultati molto simili giungono anche coloro che al contrario hanno avuto un’infanzia nutrita soprattutto da esperienze di similarità. Un ambiente famigliare iperprotettivo e soffocante, chiuso al nuovo, che predilige e sceglie solo ciò che è conforme e si amalgama al proprio piccolo universo, soffoca, uccide, qualsiasi tentativo del bambino di distinguersi, differenziarsi, diventare se stesso.<br /><br />La vergogna e la paura in questo caso sono legate alla pericolosa possibilità di scoprirsi “diversi”, all’incapacità di essere abbastanza “uguali” agli altri abitanti del loro piccolo universo.<br /><br />Che il senso della propria identità perciò, sia stato nutrito da troppe esperienze di incontro col “simile” oppure di scontro con il “diverso”, l’individuo che ne emerge è in ambedue i casi un essere ferito e mutilato nella propria fiducia e autostima.<br /><br />FONTE: <a href="http://psicoterapeutico.com/diverso-costruzione-io.html">http://psicoterapeutico.com/diverso-costruzione-io.html</a>Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-82250621046944286362010-06-01T11:23:00.000-07:002010-06-01T13:42:19.762-07:00La creazione della realtà<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAVSJw5hUWI/AAAAAAAAANE/NC1Pl6EnWyQ/s1600/magritte_1.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 369px; height: 300px;" src="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAVSJw5hUWI/AAAAAAAAANE/NC1Pl6EnWyQ/s400/magritte_1.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5477874849464537442" /></a><br /><br /><span style="font-weight:bold;">La creazione della realtà</span> da parte della nostra coscienza avviene grazie all’esistenza di un campo che unisce tutti i fenomeni dell’universo. Interagendo consapevolmente con il campo creiamo consapevolmente la realtà…<br /><br />Sono sempre più numerosi gli studiosi, non solo filosofi e psicologi ma anche scienziati, che sostengono che <span style="font-weight:bold;">la realtà è una nostra creazione</span>, e che la creazione della realtà avviene prima di tutto nell’interiorità dell’individuo, in uno stato di coscienza più profondo di quello di cui siamo ordinariamente consapevoli. Gli eventi esterni della nostra vita sono solo il riflesso dello stato interiore della nostra coscienza. Se vogliamo modificare gli eventi o crearne di nuovi dobbiamo quindi prima di tutto lavorare all’interno di noi stessi. Questa affermazione potrebbe sembrare arbitraria o addirittura “anti-scientifica”, ma in realtà non lo è. Gli studi più avanzati di fisica quantistica convergono infatti verso questa ipotesi, e sono stati fatti ormai molti esperimenti di laboratorio che supportano la tesi che la coscienza sia in grado di influenzare senza intermediari le altre coscienze e addirittura la materia.<br /><br />Una volta accettato che è la nostra coscienza a creare la nostra realtà, per poterla creare in maniera attiva e consapevole è utile esaminare prima di tutto alcuni presupposti fondamentali del processo.<br />Il primo presupposto della creazione della realtà è l’esistenza di un campo che unisce tutti i fenomeni dell’universo, materiali e spirituali <span style="font-style:italic;">(che sono due espressioni della stessa cosa, ndr)</span>, un campo di cui noi facciamo parte integrante e che ci collega ad ogni altro essere e fenomeno dell’universo, dal più piccolo al più grande.<br /><br />Questo campo in ambito scientifico, psicologico e filosofico è stato definito in molti modi: mondo platonico (definizione questa non di un filosofo ma di uno scienziato, Penrose, uno dei fisici quantistici più accreditati e più all’avanguardia), campo di forma, campo morfico, campo morfogenetico, inconscio collettivo, ordine implicato, matrice o matrix, matrix divina, campo quantico, campo del punto zero o più semplicemente “campo”. L’esistenza di questo campo è ormai accettata da molti scienziati ai massimi livelli ed è stata dimostrata da alcuni esperimenti.<br />Le relazioni all’interno di questo campo non sono lineari o causali, ma sincroniche. Il che significa che una modifica in un punto del campo influenza istantaneamente il resto del campo, senza che intervengano intermediari materiali o meccanismi lineari di causa ed effetto.<br />Che ce ne rendiamo conto o no, è attraverso questo campo che noi creiamo la nostra realtà. In ogni istante della nostra vita noi interagiamo con il campo. Se impariamo ad interagire consapevolmente, impadronendoci dei meccanismi di funzionamento del campo, possiamo diventare i creatori consapevoli della nostra realtà.<br />Il secondo presupposto è che il linguaggio che il campo comprende e a cui risponde è il linguaggio del cuore, cioè i sentimenti. Naturalmente anche il pensiero è importante, ma se i nostri sentimenti sono in contrasto con i nostri pensieri, sono i primi a prevalere. Il campo recepisce le informazioni che vengono dal cuore e risponde ad esse istantaneamente.<br /><br />Questo principio è chiamato comunemente <span style="font-weight:bold;">“legge della risonanza”</span> o <span style="font-weight:bold;">“legge dell’attrazione”</span>. Si attira solo ed esclusivamente ciò che è in risonanza col nostro cuore. Se non ci piace quello che attiriamo, non abbiamo altra scelta che cambiare le nostre vibrazioni, le frequenze del cuore. <span style="font-weight:bold;">Se le frequenze</span> del cuore <span style="font-weight:bold;">sono basse, come quelle generate da sentimenti come la paura, o l’odio, o il dolore, attireremo persone ed eventi che vibrano alla stessa frequenza e la nostra vita diventerà sempre più dominata dalla paura, dall’odio o dal dolore</span>. Per inciso, è stato sperimentalmente dimostrato che il nostro cuore genera un campo elettromagnetico la cui ampiezza è normalmente di 2 o 3 metri e che può quindi influenzare gli altri campi elettromagnetici presenti nell’ambiente, compresi quelli delle altre persone.<br /><br />In base alle informazioni che il nostro cuore invia al campo, <span style="font-weight:bold;">il campo risponde modificando sincronicamente la realtà materiale e producendo nel nostro ambiente oggettivo (e quindi anche nel nostro corpo) quelle situazioni e quegli eventi che sono coerenti con le informazioni ricevute, e quindi con i nostri sentimenti</span>. Se i nostri sentimenti sono di insicurezza e di frustrazione, il campo riflette questi sentimenti producendo nella nostra realtà situazioni ed eventi che mettono a rischio la nostra sicurezza e che ci impediscono di soddisfare i nostri desideri e le nostre esigenze. Se ci sentiamo delle vittime il campo ci rimanda situazioni in cui effettivamente siamo delle vittime.<br /><br />Perciò, se vogliamo essere soddisfatti e avere successo nella vita, dobbiamo riuscire a sentirci già soddisfatti e vincenti prima ancora di esserlo concretamente nella nostra realtà oggettiva. Se vogliamo trovare una persona che ci ami dobbiamo sentirci amati e desiderati prima ancora di averla trovata, e così via. In altre parole, per riuscire a ottenere nella nostra realtà concreta e materiale le situazioni e gi eventi che desideriamo, dobbiamo prima costruirli nella nostra realtà interiore e sperimentare i sentimenti collegati ad essi come se quegli eventi fossero già realizzati.<br /><br />Un terzo presupposto è l’esistenza di una dimensione fuori del tempo dove tutto è potenzialmente possibile. Possiamo chiamare questa dimensione il <span style="font-weight:bold;">campo delle possibilità</span>. In questo campo ogni cosa non solo è possibile ma esiste. Esistono tutti i possibili futuri individuali e collettivi. Questa idea potrebbe sembrare un’astrazione (o peggio un vaneggiamento) ma invece corrisponde a quello che sostiene la fisica quantistica a proposito delle particelle subatomiche. In ogni istante una particella si trova contemporaneamente in tutti i suoi possibili stati di esistenza. Solo quando interviene un osservatore (ad esempio, attraverso degli strumenti di misura) la particella viene a trovarsi in uno stato determinato (si dice che la funzione d’onda della particella “collassa”) che esclude tutti gli altri.<br /><br />Nei termini che stiamo usando oggi possiamo dire che il campo contiene potenzialmente tutte le possibili realtà, e che poi solo una di queste realtà viene manifestata concretamente nel nostro spaziotempo. Ma cos’è che fa sì che il campo manifesti una data realtà e non un’altra? <span style="font-weight:bold;">Le chiavi sono l’immaginazione e l’intenzione</span>. Tutto ciò che possiamo desiderare o immaginare è possibile. Perciò prima di tutto dobbiamo definire bene ciò che vogliamo. Se decidiamo di trovare un lavoro più remunerativo, il campo potrebbe crearlo in un’altra città. Se non siamo disposti a trasferirci è meglio definirlo prima. Una volta stabilito il “cosa” dobbiamo attivare l’intenzione di realizzarlo. <span style="font-weight:bold;">L’intenzione non ha quasi nulla a che fare con la volontà.</span><br /><br /><span style="font-weight:bold;">La volontà è una funzione dell’ego, l’intenzione è un potere del Sé.</span> È il potere di armonizzarci ed entrare in sintonia con il campo delle possibilità. <span style="font-weight:bold;">Immaginando un risultato futuro e sviluppando un’intenzione corrispondente creiamo un altro campo, chiamato campo delle probabilità</span>. Il futuro che abbiamo scelto da possibile diventa “probabile”, e inizia a manifestarsi nella nostra realtà per mezzo di eventi che la psicologia chiamerebbe “sincronicità”. <span style="font-weight:bold;">Le sincronicità sono eventi collegati al nostro stato psichico interno</span> che non sono però prodotti da un meccanismo di causalità lineare.<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAVUgjx6YaI/AAAAAAAAANM/jysuASRluac/s1600/specchio-design-per-ingresso-94175.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 394px;" src="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAVUgjx6YaI/AAAAAAAAANM/jysuASRluac/s400/specchio-design-per-ingresso-94175.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5477877440103211426" /></a><br /><br />Tutti noi sicuramente abbiamo sperimentato tante volte delle sincronicità. Pensiamo a qualcosa, e ci succede nella realtà un evento collegato a ciò che abbiamo pensato. Il caso più banale e comune e quando pensiamo a una persona che non vediamo da molto tempo e poco tempo dopo incontriamo quella persona o riceviamo una sua telefonata. All’interno del processo della creazione della realtà, le sincronicità hanno la funzione di indirizzare i nostri comportamenti per ottenere il risultato desiderato. Il punto di partenza sono sempre i nostri sentimenti e i nostri pensieri che comunicano con il campo. Il campo riceve le informazioni e modifica la realtà in base ad esse. Per questo è importante essere attenti alle sincronicità, anche quelle apparentemente banali o irrilevanti, così da intensificare il processo.<br /><br />Mano a mano che il campo delle probabilità che abbiamo creato fa manifestare sincronicità ed eventi nella nostra vita, noi dobbiamo sfruttare quegli eventi operando nuove scelte in vista della realizzazione di ciò che abbiamo deciso di realizzare. Dopo avere scelto il nostro futuro e avere creato il campo delle probabilità, è importante non avere particolari aspettative sul modo in cui il nostro desiderio dovrà realizzarsi, ma abbandonarsi con fiducia al flusso degli eventi. In altre parole, dobbiamo focalizzarci sul “cosa” e non sul “come”. Il come non è compito nostro ma del campo universale. Il nostro unico impegno dev’essere quello di mantenere il sentimento di avere già realizzato il futuro che abbiamo scelto per noi.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">Se diventiamo ansiosi, impazienti o temiamo di non riuscire a ottenere ciò che vogliamo, blocchiamo il processo. O meglio, e come se creassimo un nuovo campo di probabilità scegliendo un futuro negativo. Il campo legge il nostro sentimento di ansia e dubbio, e manifesta un risultato negativo corrispondente a quel sentimento.</span><br />Tutto quello che dobbiamo fare quindi è mantenere il sentimento che il futuro desiderato si sia già realizzato, e seguire le sincronicità che si presentano nella nostra vita (un incontro, un consiglio che qualcuno ci dà, un’intuizione che ci dice di fare qualcosa di particolare, talvolta un sogno), lasciando alla matrix divina il compito di trovare il modo migliore per soddisfare i nostri desideri.<br /><br />di Momi Zanda <a href="http://www.webalice.it/kinneris/momizanda.htm">http://www.webalice.it/kinneris/momizanda.htm</a><br /><br />Fonte (1): <a href="http://www.scienzaeconoscenza.it/">http://www.scienzaeconoscenza.it</a><br /><br />Fonte (2): <a href="http://www.stobenecontutti.it/2010/05/12/la-creazione-della-realta/">http://www.stobenecontutti.it/2010/05/12/la-creazione-della-realta/</a>Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-43737281728881353352010-06-01T10:21:00.000-07:002010-06-09T15:51:10.177-07:00Risonanza e SincronicitàLA RISONANZA<br /><br />La risonanza è quanto accade a fra questi metronomi:<br /><br /><object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/W1TMZASCR-I&hl=it_IT&fs=1&"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/W1TMZASCR-I&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object><br /><br />Come si può osservare i metronomi sono disposti su di un piano "sos-tenuto" da due lattine. Le lattine si comportano da "amplificatori" e dopo poco tempo i metronomi tendono a sincronizzarsi, le onde entrano in risonanza, ovvero vibrano in sincronicità.<br /><br />La risonanza è il fenomeno di amplificazione delle onde sonore che caratterizza i risuonatori: tale amplificazione è indotta da un impulso esterno trasmesso al risuonatore attraverso vincoli meccanici oppure attraverso l'aria, ed è tanto maggiore quanto la frequenza dello stimolo è vicina alla frequenza di risonanza naturale del risuonatore.<br /><br />La risonanza acustica è, di fatto, un caso particolare di risonanza meccanica, ed è un principio su cui si basa il funzionamento di quasi tutti gli strumenti musicali.<br /><br />Ogni sistema fisico che sia caratterizzato da frequenze proprie di oscillazione (si comporta cioè come un oscillatore armonico o come una sovrapposizione di più oscillatori armonici) può risuonare con una sorgente esterna.<br /><br />Dal punto di vista fisico l'onda sonora viene assorbita dal risuonatore: ad alcune frequenze caratteristiche (che dipendono dal tipo e dalla conformazione del risuonatore, cioè essenzialmente dalla sua massa, rigidità ed elasticità ) l'energia non viene esaurita, ma si accumula ad ogni impulso, causando l'aumento di intensità sonora.<br /><br />Un risuonatore acustico funge da amplificatore in quanto si creerà al suo interno una serie di vibrazioni caratterizzate da frequenze tipiche delle caratteristiche geometriche e meccaniche del risuonatore.<br /><br />Il fenomeno della risonanza coinvolge sia l'elemento vibrante che il risuonatore, in maniera più o meno complessa a seconda della conformazione dello strumento.<br /><br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">LA SINCRONICITA'</span><br /><br /><object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/bTARmkC_yB4&hl=it_IT&fs=1&"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/bTARmkC_yB4&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object><br /><br />La sincronicità è un termine introdotto da Carl Jung nel 1950 per descrivere una connessione fra eventi, psichici o oggettivi, che avvengono in modo sincrono, cioè nello stesso tempo, e tra i quali non vi è una relazione di causa-effetto ma una evidente comunanza di significato.<br /><br />La sincronicità è relativa quindi alle "coincidenze significative".<br /><br />L'ipotesi del principio di sincronicità<br /><br />Fenomeni di "coincidenze significative" avevano da sempre affascinato Jung. Già nel 1916, a pochi anni di distanza dalla sua defezione dal gruppo dei psicoanalisti fedeli al metodo scientifico-oggettivante e a Sigmund Freud, scriveva dell'opportunità di affiancare al principio di causalità quello finalistico:<br /><br />« La causalità è solo un principio, e la psicologia non può venir esaurita soltanto con metodi causali, perché lo spirito (la psiche) vive ugualmente di fini. »<br /><br />Tali prime formulazioni di Jung sulla questione della sincronicità vennero in seguito approfondite attraverso il contatto con il pensiero filosofico orientale, oltre che con la riflessione su sorprendenti avvenimenti della sua stessa vita, sfuggenti ad ogni interpretazione razionale.<br /><br />Jung distingue la sincronicità vera e propria dal mero "sincronismo" degli eventi che accadono simultaneamente, ma senza alcuna connessione di significato.<br /><br />La vita di tutti i giorni ci propone spesso il tipo comune di sincronicità. Per esempio: pensiamo ad un amico, e lui improvvisamente ci telefona. Tuttavia accanto a queste ci sono anche misteriose sincronicità precognitive e chiaroveggenti.<br /><br />Una prima teorizzazione: il tempo qualitativo<br /><br />Per tentare di spiegare questi fenomeni di sincronicità, Jung dapprima elaborò il concetto di "tempo qualitativo". Il tempo qualitativo sembrava "spiegare" perché l'astrologia e altre forme di divinazione funzionavano. Jung tuttavia gradualmente abbandonò l'idea del tempo qualitativo.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">La nuova fisica</span> <br /><br />Negli anni trenta del Novecento la fisica fu scossa e rivoluzionata da nuove idee, il Principio di indeterminazione di Heisenberg postulava l'impossibilità di una conoscenza perfetta delle quantità fisiche inerenti ad un oggetto. Fino allora si concepiva che esistessero dei limiti pratici, dovuti alla naturale imprecisione degli strumenti di misura ma Werner Karl Heisenberg postulava un principio ideale.<br /><br />L'ipotesi era talmente rivoluzionaria ed inaccettabile da far pronunciare ad Albert Einstein la famosa affermazione che «Dio non gioca a dadi con l'Universo». Nella elaborazione epistemologica e teoretica successiva si è evidenziato che esiste un ambito, estremamente piccolo, indicativamente della dimensione di una particella elementare, in cui non sono valide le leggi della fisica classica, tale da far venir meno il principio di causa-effetto, almeno in questo ambito piccolissimo.<br /><br />La casualità dei fenomeni radioattivi dipende da questo principio e consente idealmente di portare il paradosso della causalità dall'ambito infinitamente piccolo delle particelle all'ambito macroscopico del nostro mondo. Erwin Schrödinger elaborò un esperimento ideale, il Paradosso del gatto di Schrödinger, che divenne famoso ben oltre l'ambito della ricerca fisica. Queste rivoluzioni scardinarono il mondo della scienza più rigorosa e diedero origine alla fisica quantistica.<br /><br />Alla fine del 1934 iniziò un interessante scambio epistolare con il fisico quantistico futuro premio nobel Wolfgang Pauli e con Ernst Pascual Jordan, insigne fisico tedesco. Queste comunicazioni tra i tre scienziati testimoniano il fervore di Jung nell'indagine sul parallelismo tra fisica e psicologia del profondo e in particolare sulla relatività delle categorie di spazio e tempo.<br /><br />Alla fine del XX secolo, con lo svilupparsi delle teorie e delle formule matematiche legate alla teoria delle superstringhe e della possibilità di definire in termini matematicamente chiari l'universo conosciuto come multiverso, si sono sviluppate in alcuni studiosi nuovi filoni di indagine fisica e meta-fisica sulla sincronicità di particolari eventi non spiegabili in termini psicologici o fisici naturali, che sono stati catalogati come "fenomeni di isocronicità nello spazio degli eventi".<br /><br /><br /><span style="font-weight:bold;">Fisica e psicoanalisi </span><br /><br />Jung non era nuovo alla tesi di un parallelismo tra scienza fisica e psicoanalisi: già nel 1928 in "Energetica psichica" aveva esaminato a fondo la contiguità tra fisica e psicologia postulando una stretta contiguità tra la nozione di energia nell'uno e nell'altro ramo del sapere. Le ricerche che Jung, al proposito, condusse negli anni a venire, rafforzarono in lui e non smentirono questo suo postulato ch'egli in quegli anni aveva intuito.<br /><br />Negli anni trenta Jung incontra Wolfgang Pauli, un fisico austriaco premio Nobel nel 1945. Pauli è reduce dal fallimento del matrimonio e trasferitosi in Svizzera cerca un aiuto terapeutico. La terapia non avrà grande successo e Pauli l'abbandona ma i due si stimano ed iniziano una amicizia scientifica.<br /><br />L'incontro tra Jung e Pauli generò il quarto escluso dalla triade della fisica classica: tempo, spazio e causalità, a questo quarto escluso è stato dato il nome di sincronicità. In analogia alla causalità che agisce in direzione della progressione del tempo e mette in connessione due fenomeni che accadono nello stesso spazio in tempi diversi, viene ipotizzata l'esistenza di un principio che mette in connessione due fenomeni che accadono nello stesso tempo ma in spazi diversi.<br /><br />Nel 1952 Jung e Pauli pubblicarono due saggi nel un volume Naturerklärung und Psyche: il saggio di Pauli applicava il concetto di archetipo alla costruzione delle teorie scientifiche di Keplero; il saggio di Jung era intitolato "Sincronicità come principio di nessi acausali", dove per la prima volta lo psicologo definisce la parola.<br /><br />Per sue stesse parole, si era limitato per venti anni fino allora ad accennarne solamente il concetto, perché riteneva di essere scientificamente impreparato. Nel saggio si tenta una analisi statistica di eventi acausali ma senza grande successo.<br /><br />Lo stesso Jung è imbarazzato verso la comunità scientifica dell'indefinitezza del suo studio, ma tuttavia si sente pressato e giustificato dalle proprie esperienze personali che per lui sono da considerare evidenze empiriche, fenomenologie su cui lavorare con metodo scientifico.<br /><br />Nella prefazione del saggio dice:<br />« [la sincronicità è ] ... un tentativo di porre i termini del problema in modo che, se non tutti, almeno molti dei suoi aspetti e rapporti diventino visibili e, almeno spero, si apra una strada verso una regione ancora oscura, ma di grande importanza per quanto riguarda la nostra concezione del mondo.<br /><br /><br />FONTE: <a href="http://osho-zero-mind.blogspot.com/2009/11/.html">http://osho-zero-mind.blogspot.com/2009/11/.html</a>Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-41790398027750346322010-05-31T20:05:00.000-07:002010-06-01T11:01:08.063-07:00La Biologia delle Credenze.<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://2.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAR8NmcxUmI/AAAAAAAAAM8/41S3sIyS92o/s1600/biology+of+belief.jpg"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 300px; height: 400px;" src="http://2.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TAR8NmcxUmI/AAAAAAAAAM8/41S3sIyS92o/s400/biology+of+belief.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5477639619890729570" /></a><br /><span style="font-weight:bold;">Come il pensiero influenza il DNA e ogni cellula.</span><br /><br /><br /><br /><br />In questo volume l’autore dimostra che il dogma della biologia (un gene = una proteina) non è stato dimostrato in modo scientifico e non dà risposta ad alcune domande che vanno al di là dei semplici meccanismi biologici che stanno alla base della vita di ogni organismo.<br /><br />Riportando citazioni e studi di numerosi scienziati, <span style="font-weight:bold;"><a href="http://www.brucelipton.com/">Bruce Lipton</a></span> ci porta per mano alla tesi che l’ambiente in cui viviamo, gli stimoli che riceviamo dall’esterno, le esperienze che viviamo e addirittura i nostri pensieri sono i responsabili della determinazione di ciò che siamo, sia per quanto riguarda il nostro corpo che ogni altro aspetto della nostra vita.<br /><br />Non è, dunque, l’equazione gene-proteina a determinare il destino, ma il nostro pensiero, anche e soprattutto quello subconscio. Sono le emozioni che viviamo che "regolano" l’attività della moltitudine intelligente: quei miliardi di cellule che cooperano perché l’organismo funzioni correttamente.<br /><br />01/16<br /><object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/18BfgLbmMBY&hl=it_IT&fs=1&"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/18BfgLbmMBY&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object><br /><br />02/16<br /><object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/ipc2YaDfRS0&hl=it_IT&fs=1&"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/ipc2YaDfRS0&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" 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/><object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/4_C3k6i5XXw&hl=it_IT&fs=1&"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/4_C3k6i5XXw&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object><br /><br />15/16<br /><object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/piC_f8fCssI&hl=it_IT&fs=1&"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/piC_f8fCssI&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object><br /><br />16/16<br /><object width="425" height="344"><param name="movie" 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border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5410513406947287490" /></a><br /><br /><br />"Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l'inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare." (Albert Einstein)Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-76458450354429292892009-11-30T21:26:00.000-08:002009-11-30T21:34:57.537-08:00IL BLOG E' UN TRENO<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/SxSp8p18GTI/AAAAAAAAAL4/D5nYI-ZYYUk/s1600/treno.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 249px;" src="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/SxSp8p18GTI/AAAAAAAAAL4/D5nYI-ZYYUk/s400/treno.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5410135911868143922" /></a><br /><br /><br />"Il blog è come un treno.<br />Un treno senza una destinazione finale e che nessuno sa bene da dove sia partito.<br />Alle stazioni c'è chi sale e chi scende.<br />In viaggio, tra una fermata e l'altra si parla. Del più e del meno.<br />E' un treno dove sali senza biglietto.<br />Ma dove c'è la prima classe, la seconda classe e la terza classe.<br />C'è anche un macchinista. Ma come nei treni reali nessuno lo vede, nessuno ci parla.<br />Ogni tanto un annuncio dall'interfono.<br />Ogni tanto qualche passeggero si dimentica di quello che è e si mette a controllare i biglietti.<br />Si dimentica pure che su questo treno nessuno ha il biglietto. Perchè è gratuito.<br />Ma lui controlla lo stesso.<br />Solo per sentirsi più importante.<br />C'è pure chi non scende mai dal treno, pur intuendo che una destinazione vera non ce l'ha.<br />Ma rimane lo stesso. Perchè alle stazioni sale e scende tanta gente interessante.<br />E non c'è di meglio da fare, di meglio dove andare. E poi in fondo le stazioni sono tutte uguali.<br />Che motivo c'è di scendere?<br />E poi parla con uno e parla con l'altro, magari ti scopri diverso, cambiato, pure informato…. Ti sembra di essere quasi..migliore.<br />E allora resti su.<br />E, intanto, passano le stazioni, tanti sono scesi alla loro fermata. Alcuni sono saliti. Ma la gente che sale ti sembra sempre meno interessante. Quelli cha salivano una volta sì, che erano dei passeggeri interessanti!<br />E allora cominci a dire ...alla prossima scendo.<br />E poi ancora, alla prossima scendo.<br />Ma… che scendo a fare?<br />Vediamo piuttosto dove porta sto treno.<br />Vediamo qual'è la sua destinazione finale.<br />Come faccio a parlare con il macchinista? Lui si potrebbe sapere dove sta andando il treno.<br />Ma non si può. Le carrozze non comunicano con la motrice.<br />E quell’interfono che annuncia solo la prossima stazione. Mai un capolinea. Oppure un marcia indietro. Non può.<br />Sempre sulle sue rotaie."<br /><br />Dalle Ferrovie del Blog<br />Buon Viaggio.<br /><br /><span style="font-style:italic;"><a href="http://www.beppegrillo.it/2009/11/il_blog_e_un_treno/">Un Passeggero</a></span>Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-56182072177237519052009-11-21T07:48:00.000-08:002010-07-18T11:50:17.519-07:00Che cos'è il sacro?<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/SwgNZpDk9NI/AAAAAAAAALw/UuPPpKrS5n0/s1600/monk-jail.jpg"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 257px; height: 318px;" src="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/SwgNZpDk9NI/AAAAAAAAALw/UuPPpKrS5n0/s400/monk-jail.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5406586086827029714" /></a><br /><br /><span style="font-weight:bold;">Massenzio</span>: Sono professore ordinario di Storia delle Religioni, all'Università di Roma Tor Vergata. Oggi sono venuto qui per parlarvi di un argomento importante, di cui si sa molto, che è sempre stimolante, che è <span style="font-weight:bold;">il sacro</span>. Ne parleremo insieme, in forma dialogica, e cercherò di rispondere a tutte le vostre domande, nei limiti del possibile.<br /><br /><object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/Iz2kakAqtK4&hl=en_US&fs=1"></param><param name="allowFullScreen" value="true"></param><param name="allowscriptaccess" value="always"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/Iz2kakAqtK4&hl=en_US&fs=1" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" width="425" height="344"></embed></object><br /><br />INTRODUZIONE: "Ogni cosa sacra deve essere al suo posto", ne parla con molta profondità un pensatore indigeno. Si potrebbe arrivare a dire che proprio questo la rende sacra, poiché se la sopprimesse, sia pure con il pensiero, tutto l'ordine dell'universo, crollerebbe. Essa contribuisce dunque a mantenerlo, occupando il posto che le spetta. In questi termini l'antropologo Claude Lévi-Strauss definisce il sacro: "E' sacro ciò che attiene all'ordine dei mondi, ciò che garantisce questo ordine. Ma il sacro concerne anche l'uomo e non solo il cosmo fisico. Il sacro è in tal senso un valore una produzione culturale". E' ciò che ha sottolineato con particolare forza l'antropologo Ernesto De Martino, che ha indagato la sfera del sacro a partire dalla esperienza di rischio e di angoscia dell'esistenza. Il dominio del sacro in tal senso è l'insieme dei valori, delle pratiche e delle convinzioni che l'uomo utilizza per conferire senso e valore all'esperienza. Il sacro è dunque ciò che garantisce un ordine: l'ordine del mondo e l'ordine dell'uomo. Sacro è ciò che difende dal rischio del caos, dall'angoscia del nulla e perpetua un ordine antico e inviolabile.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTE: Il concetto di sacro deve rimanere assoluto oppure può cambiare a seconda dei diversi contesti, storico-politici, in cui viene a trovarsi?</span><br /><br /><span style="font-weight:bold;">Massenzio</span>: Il sacro è un prodotto culturale, e quindi, se è un prodotto culturale, varia da contesto a contesto. Ogni civiltà ha la sua idea di sacro, ha le sue cose sacre, per dirla con Lévi-Strauss. Quindi, noi abbiamo una categoria concettuale, che ci permette di avere una visione unitaria del sacro, ma in realtà esistono tanti prodotti sacri quante sono le culture. Ogni cultura cambia, ogni cultura ha una storia e quindi con il variare della storia, con il divenire storico muta anche la nozione di sacro all'interno di ogni cultura. Quindi il sacro è una variabile storica.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTE: C'è una differenza fra sacro e santo?</span><br /><br />La differenza si potrebbe dire in questi termini: che sacro è qualcosa di più generale, santo è una particolare modalità del sacro, però sempre, sia sacro che santo, ci portano verso qualcosa che è oltre il piano umano normale. Il sacro non è mai qualcosa che coincide con la normalità. Sacro evoca sempre l'idea della straordinarietà, di ciò che è oltre il quotidiano, ciò che è oltre il normale. Lo spazio sacro è lo spazio dove non si può andare normalmente. Il tempo sacro è un tempo fuori dell'ordine normale. Santo e sacro quindi sono sempre due concetti che alludono allo straordinario, a ciò che non è comune, a ciò che non è di tutti i giorni, a ciò che non è quotidiano. Sacro però ha un'accezione più ampia, santo è una particolare modalità di espressione del sacro.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTESSA: Volevo sapere se la ricerca del sacro da parte dell'uomo si può considerare in un certo senso mediata dall'istituzionalizzazione stessa del sacro, come, ad esempio, è avvenuto per il Cristianesimo con la Chiesa.</span><br /><br />Ma non sempre. Si può impostare in questi termini una riflessione sul sacro. Partiamo proprio da quello che diceva Lévi-Strauss: "Le cose sacre devono stare al loro posto e ciò che le rende sacre è il fatto che stiano al loro posto". Quindi non c'è un sacro innato. Sacro è quel qualcosa che fa sì che l'ordine dell'universo possa essere garantito. Perché è importante questo tipo di riflessione? Perché si inquadra in un discorso più ampio. Ed è la contrapposizione cultura/ natura. L'uomo appartiene alla natura, ma si distacca dalla natura per creare cultura. Ecco, e quando crea cultura crea ordine. E, per significare il distacco dalla natura e la creazione di un ordine, appunto crea cose sacre, che stanno a dire:" Io mi sono staccato dal piano puramente animale e ho creato qualcosa di più, ho creato dei valori". In natura non esistono valori. Allora questi valori li faccio diventare sacri, cioè li pongo al riparo da ogni possibilità di cambiamento, perché senza quei valori l'ordine culturale non ha senso. Pensate al sacro come a un qualcosa che può essere immaginato come un deposito di valori, che danno senso alla esistenza collettiva.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTE: Il fatto che le religioni siano sempre storicizzate e quindi abbiano molto a che fare con la storia, la cultura e anche l' esigenza di un popolo, questo non è in un certo senso in contrasto con l'idea, con idea di ricerca interiore che dovrebbe essere nel concetto stesso di sacro?</span><br /><br />Perché lei pensa che il concetto di sacro sia sempre legato all'idea di ricerca interiore? Certo, è anche ricerca interiore, perché quel passaggio dalla natura alla cultura, di cui parlavo prima, è un passaggio che certamente riguarda un'intera società, un'intera collettività, che sempre deve difendere il fatto che sta dalla parte della cultura e non dalla parte della natura, ma riguarda certamente anche il singolo individuo, che si deve porre con le sue scelte dalla parte della cultura e non dalla parte della natura. E in questo senso ogni individuo deve fare una ricerca interiore, ecco, ma non è soltanto ricerca interiore. E' anche ricerca interiore. Il sacro ha una dimensione collettiva, cioè che concerne il sistema di valori, che è alla base della esistenza di una qualsiasi civiltà. Però, siccome la società è formata da individui, anche i singoli individui devono partecipare di questa medesima tensione verso la cultura.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTE: Il problema è che spesso, si rischia, come per esempio con le grandi religioni, che sono in un certo senso una convenzione, per cui vengono tramandate di padre in figlio e spesso la religione non è una scelta consapevole ma semplicemente qualcosa che si accetta, allora in questo ambito non c'è una vera e propria ricerca interiore.</span><br /><br />Ma i valori si trasmettono. Noi viviamo di tanti valori che ci sono stati trasmessi dal passato. E pensi al nostro Umanesimo, che è il frutto dei valori che sono stati trasmessi dall'antichità classica. Però questi valori non ci sono trasmessi in maniera passiva e tali da essere accettati passivamente. Noi scegliamo ogni volta di seguire dei valori che sono conformi al tipo di storia in cui siamo inseriti. Quindi tutti i valori che ci sono trasmessi, non per questo sono accettati. Tra tutti i valori trasmessi noi scegliamo quelli che si conformano al nostro modo di intendere la vita che viviamo nel presente. Quindi c'è sempre una dialettica di trasmissione e di accettazione però. Mai una trasmissione di valori, svincolata dal momento attivo della scelta, di convalida di quei valori. E quindi anche in questo c'è ricerca interiore, perché io, persona, scelgo di seguire un determinato valore trasmesso, nella misura in cui io decido, riflettendo su me stesso, che è un valore positivo. Da chi viene adesso la domanda?<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTESSA: Il sesso può essere considerato sia sacro che profano, nel senso, cioè, diciamo l'accezione di sacro, ad esempio nella nostra cultura, gliel'ha data la chiesa, considerandolo soltanto, così, profano in fondo - no, dico: il senso di profano, volevo dire - però, ad esempio, in altre culture magari è considerato sacro. Non so, volevo chiedere: cosa ne pensa Lei?</span><br /><br />E' una bella domanda questa, che mi fa venire in mente ancora una volta Lévi-Strauss. Abbiamo detto il contrasto tra natura e cultura. L'uomo è un animale, però non si accontenta di essere animale, sporge oltre l'umanità. E che significa sporgere oltre l'umanità? Come fa a sporgere? Si dà delle regole. Anche per Lévi-Strauss la prima regola che l'uomo si dà è proprio nel campo della sessualità. E' il tabù dell'incesto, che appunto ci rimanda alla sfera del sacro. Che cos'è il tabù dell'incesto. E' quella norma, sacra, intangibile, che vieta matrimoni e rapporti sessuali tra consanguinei. Quindi, se c'è questa regola, la sessualità è culturalmente disciplinata. Se questa regola non c'è, appunto la sessualità non è disciplinata, è bestiale, è animale, è naturale. Quindi proprio nel campo della sessualità, c'è la formazione di una regola sacra, il tabù dell'incesto, che è sacra anche per noi. Il più grande peccato della nostra cultura è andare contro questa regola. E questa regola garantisce però il fatto che l'uomo appartiene al piano della cultura, quindi è quella famosa cosa sacra, che non può essere assolutamente cancellata, neppure col pensiero.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTESSA: Lei parte dal presupposto che c'è quindi un sacro che è appunto natura, ordine, e quindi poi una specificazione di questo sacro, che è, diciamo nella cultura, nelle varie culture, da quanto mi sembra di aver capito.</span><br /><br />No il sacro non è nella natura, il sacro è cultura.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTESSA: No, è l'ordine. Lei parte dal distacco da questa natura, da quest'ordine. L'uomo si può rendere conto di questa origine del sacro o no?</span><br /><br />Ma per quanto riguarda l'origine ho fatto appunto adesso un tipo di indagine: come si può arrivare all'origine del sacro parlando appunto del distacco natura-cultura, della regola che fissa questo, questo superamento della natura da parte della cultura, e ho parlato di una legge sacra, che è il tabù dell'incesto. Ora certamente questo è un piano. In effetti nelle singole culture ci sono le manifestazioni, come lei giustamente diceva, oggettive del sacro. Quali sono queste manifestazioni? Vogliamo cominciare un po' a vederle? Per esempio i miti ci riportano al sacro, perché ci riportano a un tempo straordinario in cui la vita del cosmo e dell'uomo ha avuto inizio, in cui i valori si sono formati. Se vogliamo pensare al sacro e alle sue manifestazioni oggettive dobbiamo pensare ai riti, dobbiamo pensare a un'altra cosa importantissima, ai simboli. E dobbiamo pensare ancora ai miti, ai riti e ai simboli come a qualcosa che esprime, nel suo insieme, quel famoso sistema di valori collettivi, che è alla base della esistenza delle varie comunità.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTESSA: Il mio problema era proprio questo. Lei quindi ha detto mito, rito e simbolo. Quindi, dietro a un mito, a un rito e a un simbolo c'è sempre una verità, dietro a questi, e questo significato profondo è un significato profondo comune a tutti, a tutte le manifestazioni del sacro, e come tale può essere conosciuto dall'uomo, oppure si differenzia proprio alla base in tutte le religioni e in tutte le manifestazioni?</span><br /><br />Ecco, questo ci riporta alla bella domanda che mi è stata fatta per primo da Andrea, che mi chiedeva appunto se il sacro è un prodotto storico o no. Io ho detto: il sacro è un prodotto storico. Allora, ogni civiltà ha la propria dimensione del sacro, perché ogni civiltà ha i propri valori, che sono valori solo per quella, per quella civiltà. Quindi c'è un piano generale, nel senso che ogni civiltà umana ha bisogno di valori. Questo è il piano universale, però i valori concreti, variano poi da cultura a cultura e variano anche nella storia di ogni cultura, per cui ciò che era sacro mille anni fa nella mia cultura non lo è oggi e viceversa.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTESSA: Volevo sapere se il sacro e il progresso procedono insieme o se il progresso può annullare, in un certo senso, il sacro per l'uomo.</span><br /><br />E' sempre una domanda bella, è sempre una variazione sul tema della prima domanda. Il sacro è un prodotto storico e quindi il sacro non è contro il progresso. Il sacro è qualcosa che accompagna il progresso, perché progredire significa creare nuovi valori e quindi aver bisogno di nuove cose sacre, che devono stare al loro posto. Quindi non dovete immaginare il sacro come qualcosa che è sempre uguale a se stesso e quindi mobile e come tale è contrario al progresso. Dovete immaginare il sacro come un prodotto storico, che dà certezza, perché presenta quei valori come valori solidi, che ci stanno, che sono assicurati. E quindi il divenire è anche divenire di valori, il divenire è anche nascita di nuovi valori, E questi nuovi valori devono essere sanciti, devono essere considerati validi per tutti e quindi resi sacri in questo senso.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTE: Io volevo chiedere se è possibile per un uomo vivere bene senza avere qualcosa di sacro o comunque qualcosa in cui credere.</span><br /><br />E'' impossibile, a mio avvio, vivere culturalmente senza avere dei valori, socialmente condivisi, che danno senso all'esistere. L'esistere di per sé non ha senso. L'esistere acquista senso in rapporto ai valori che vengono conferiti all'esistere. Ora questi valori, quando sono fissati in miti, in riti, in simboli di carattere religioso, appunto appartengono alla sfera del sacro, che, in questo modo, dà ai valori la possibilità non solo di durare, ma appunto di costituire un linguaggio valido per tutti. Il sacro è una dimensione collettiva. E quindi valori resi sacri non solo acquistano qualcosa che li mette al riparo dal potersi dileguare all'improvviso, ma diventano, in quanto sacri, un valore per tutti. E' la dimensione, collettiva, sociale del sacro, che è fondamentalmente importante. Comunque alla sua domanda: "Si può vivere senza valori?", rispondo in maniera categorica: "No".<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTE: Ma se il sacro è nato anche come un'esigenza dell'uomo, per rispondere all'ignoto, per cui è nato proprio come, come per dare sicurezza all'uomo, oggi, che la scienza dà sempre nuove risposte, che funzione può avere in questo senso, il sacro?</span><br /><br />Ci sono due livelli. La scienza certamente aiuta a vivere, è un contributo assolutamente imprescindibile nella nostra cultura, m c'è un piano che non è della scienza, che è quello appunto al quale accennava De Martino: la presenza umana nel mondo, la possibilità di vivere secondo valori collettivi, la possibilità di assumere il prossimo come un altro con il quale mettersi in rapporto e con il quale, con il quale dialogare in modo costruttivo. Tutto questo non ha a che fare con il piano della scienza, sono due dimensioni diverse. E' utile, insopprimibile il piano della scienza, ma è utile, insopprimibile il piano dei valori, attraverso i quali l'altro da me diventa un valore appunto fondamentale al quale rapportarmi.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTE: Quanto i valori collettivi hanno poi soddisfatto il bisogno dell'uomo verso il sacro, cioè l'esigenza dell'uomo nella ricerca di un sacro, quando l'uomo si è trovato davanti una collettività, che però ha sbagliato, proprio in risposta a un sacro. Faccio un esempio: i campi di sterminio.. Così, volevo chiedere questo.</span><br /><br />Anche questa è una domanda di grandissimo respiro e sono molto contento del fatto che questo tema susciti in voi argomenti così complessi. Certo c'è una dimensione tutta interiore del sacro, per cui appunto più che verso valori collettivi il sacro rientra verso una ricerca all'interno di se stessi. E questa è la via mistica al sacro. Ora la sua domanda mi stimola ad ampliare un po' la mia, la mia parte introduttiva, chiamiamola così. C' è un sacro fatto di valori collettivi, che appunto fanno sì che una civiltà abbia certi pilastri sui quali essere edificata, poi c'è un'altra dimensione del sacro, che è la dimensione mistica, che non è tanto intesa quindi verso valori collettivi, ma verso valori appunto individuali, verso i valori che in qualche misura staccano l'individuo dalla collettività, perché il mistico non tende tanto al colloquio uomo-uomo, ma tende soprattutto al colloquio uomo e mondo, mondo sovrumano. Il mistico non riconosce valore al mondo, proprio perché nel mondo vede orrori, tipo il campo di sterminio, e allora vuole fuggire da un mondo che produce quello. E allora si stacca e vuole una salvezza dal mondo. Il sacro è sia sistema di valori, che ti fa esistere nel mondo, ma anche salvezza dal mondo, quando il mondo non ha niente di positivo, quando il mondo appunto è capace di produrre realtà assolutamente nefande, come quelle dei campi di sterminio. Allora si fugge dal mondo. Allora sacro significa via mistica, verso la salvezza dal mondo, e non più via che porta a vivere nel mondo. E quindi il sacro è anche via mistica, oltre che linguaggio collettivo. E' molo bello che lei mi abbia ricordato questo, questo elemento.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTE: Vorrei sapere quali sono le cose sacre nel vivere quotidiano di oggi..</span><br /><br />Le cose sacre, che non devono, che non devono mai essere appunto cambiate di posto, le cose sacre inamovibili appunto alla Lévi-Strauss, beh, per certi versi, sono ancora I Dieci Comandamenti, appunto che danno senso, che sono i famosi valori. Quando parlavo dei sistemi di valori appunto si può fare un riferimento a I Dieci Comandamenti. I primi tre riguardano il rapporto uomo e sfera sovrumana, sfera divina, gli altri sette riguardano come disciplinare i rapporti all'interno appunto del solo piano umano: non uccidere, eccetera, eccetera, non rubare. Questi sono appunto valori, cose sacre per noi.<br />Noi diciamo che la Costituzione è sacra, è inviolabile. Perché è sacra e inviolabile? Perché è a fondamento appunto del nostro vivere civile, oggi, appunto, in questo particolare momento della nostra storia. Infatti sacro non necessariamente si lega alla dimensione religiosa.<br />Si lega anche, anzi per di più, alla dimensione religiosa, ma esistono dei valori sacri - appunto la Costituzione per noi è sacra -, e quindi il sacro si può coniugare anche alla dimensione civile, appunto, puramente civile del vivere.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTE: In che senso la musica può essere considerata uno strumento per arrivare al sacro?</span><br /><br />Ecco un linguaggio per mediare il sacro, proprio perché, nella nostra scala di valori, noi abbiamo tante forme di linguaggio. Il linguaggio appunto dei gesti, il linguaggio delle parole, però, per convenzione, perché i valori sono frutto di convenzioni sociali, di patti, attribuiamo alla musica il valore più alto nella nostra scala di valori, e quindi la comunicazione alta che ci porta a poter mediare una realtà, che per noi è alta, come la realtà appunto sacra, come la realtà ultraterrena, ultramondana. Non è un caso che nei nostri spazi sacri, che sono queste splendide chiese appunto - Roma offre capolavori assoluti di chiese -, appunto ci sia sempre l'organo, l'organo che allude proprio al fatto che il sacro non è lì, separato e basta. Certo che il sacro è separato e deve essere rispettato, ma il sacro è anche passibile di contatto. C'è un modo per mettersi in contatto con il sacro. E non è un caso che l'organo è parte costitutiva della chiesa, proprio sta ad indicare il linguaggio per mediare l'ordine sacro, passa attraverso questo strumento eccezionale di comunicazione, che è la musica.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTESSA: Abbiamo visto che il sacro è cultura. Ma, per esempio sappiamo, per esempio, che in altre culture il sacro si lega molto profondamente al concetto, alla natura, infatti c'è un rispetto inviolabile e sacrale per la natura. Allora, quando avviene un incontro tra la nostra sacralità e magari una sacralità che può essere quella degli indigni d'America o degli indios del Centro America, Lei pensa che ci possa essere un rapporto dialogico, quindi un incontro o deve essere uno scontro, che porterà poi a un predominio e a una sudditanza di uno dei due concetti di sacro?</span><br /><br />Anche questa è una domanda splendida. Veramente senza retorica: complimenti a tutti. E' stato uno scontro, è stato un terribile scontro. L'Occidente, quando si è rapportato all'altro, è stato sempre mosso da intenti di sopraffazione. Basti ripensare ai secoli di colonizzazione, con tutto quello che ha comportato: schiavitù,. Sono pagine, così, ancora grondanti di orrore, che è inutile appunto soffermarsi molto. Basta il termine "colonialismo" per evocare tutto un percorso all'insegna della sopraffazione dell'altro. Oggi, soltanto oggi, è nato ed è appunto un modo per considerarci autori di un cultura diversa, soltanto oggi c'è una nuova sensibilità per l'altro. E' il tentativo di porci su un piano dialogico, un piano che è molto difficile, proprio perché i nostri valori non coincidono con i valori degli altri. E allora trovare la possibilità di essere noi stessi e rispettare contemporaneamente gli altri, è possibile, certo che è possibile, ma richiede una tensione etica e culturale enorme, veramente enorme.<br /><br /><span style="font-weight:bold;">STUDENTESSA: Io ho notato che nella, ovviamente, nella sacralità occidentale c'è molto di meno questo contatto con la natura. Quindi forse anche è un qualche cosa di più antico, questo legame con la natura, che viene da questi paesi, quindi non è, non si dovrebbe trasformare, anche in un rispetto per l'ambiente stesso, che diventa per loro sacro? Perché, ovviamente, una distruzione, secondo i nostri canoni, che magari non può essere così grave, di certi ambienti, di certe piante, di certi animali, può essere una violazione per il loro sacro.</span><br /><br />Certo che lo è. Non lo solo lo è, può essere anche per noi uno stimolo per ripensare al modo in cui abbiamo stabilito il rapporto con il nostro ambiente, che è un rapporto basato su regole certamente da cambiare. Ecco le regole, che disciplinano il rapporto dell'uomo occidentale con l'ambiente, non sono sacre, nel senso che sono da cambiare, sono regole tutt'altro, tutt'altro che inviolabili.<br />Vorrei fare solo una precisazione. Quando io parlavo di distacco natura-cultura, io intendevo il passaggio da una dimensione puramente animale dell'uomo a una dimensione di superamento dell'animalità, quindi di natura in senso molto, molto traslato, non nel senso in cui oggi si parla di rispetto della natura. Ecco, quando io faccio diventare la natura un valore, allora il farla diventare un valore la porta sul piano della cultura. Ed è quello che noi dobbiamo fare.<br />Noi oggi possiamo edificare un nuova cultura, nella misura in cui trasformiamo completamente il rapporto uomo-ambiente, che, così com'è, non può più andare avanti.<br /><br /> <br /><br /><a href="http://www.emsf.rai.it/biografie/anagrafico.asp?d=519">Biografia di Marcello Massenzio</a><br /><br />Trasmissioni sul tema "L'uomo e il sacro":<br /><br /><a href="http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=228">Sacralità e ritualità di Alessandro Dal Lago</a><br /><a href="http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=229">Il sacro e la morte di Salvatore Natoli</a><br /><a href="http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=230">La superstizione di Alberto Mario Cirese</a><br /><a href="http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=231">Il sacro e la politica di Justo Lacunza Balda</a><br /><a href="http://www.emsf.rai.it/tv_tematica/trasmissioni.asp?d=378">Il sacro di Marcello Massenzio</a><br /><br /><br />Trasmissioni dello stesso autore:<br /><br /><a href="http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=148">Ha ancora senso il mito?</a><br /><a href="http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=276">La scelta religiosa</a><br /><a href="http://www.emsf.rai.it/tv_tematica/trasmissioni.asp?d=378">Il sacro</a><br /><a href="http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=697">L'uomo e la terra</a><br /><br />FONTE: http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=227Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-58585507337112803492009-11-11T22:39:00.000-08:002010-06-10T16:25:56.098-07:00La magnetricità: magnetismo / elettricità<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TBFzGtd7JuI/AAAAAAAAAPE/g_5XSTjkRds/s1600/monopolo-bipolo.gif"><img style="cursor:pointer; cursor:hand;width: 324px; height: 251px;" src="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/TBFzGtd7JuI/AAAAAAAAAPE/g_5XSTjkRds/s400/monopolo-bipolo.gif" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5481288780608120546" /></a><br /><br /><a href="http://www.newscientist.com/article/dn17983-magnetricity-observed-for-first-time.html?DCMP=OTC-rss&nsref=tech"></a><span style="font-weight:bold;"></span><span style="font-weight:bold;">Due team inglesi confermano per la prima volta l'esistenza del fantomatico monopolo magnetico. Uno di questi va oltre e riesce a dimostrare la magnetricità, un flusso di corrente magnetica che si comporta come l'elettricità.</span><br /><br />Checché ne dicano i detrattori con la mente costantemente rivolta al passato, la scienza (boutade a parte) è ancora in grado di riservare parecchie sorprese in quanto alla scoperta delle costituenti fondamentali della materia, le sue leggi e i suoi fenomeni. Se oltre un anno fa il memristore ha spalancato le porte a un progresso tecnologico ancora tutto da quantificare, oggi a reclamare la scena sono la magnetricità e i monopoli magnetici, fenomeni fisici (sin qui solo teorici) che mimano il comportamento della corrente elettrica con la "sola" differenza di riguardare appunto il magnetismo.<br /><br />La <span style="font-weight:bold;">corrente magnetica</span>, o <span style="font-weight:bold;">magnetricità</span>, è stata scoperta da un team di ricercatori britannici dopo l'altra scoperta fondamentale dei monopoli magnetici, magneti con un solo polo al contrario dei magneti "standard" dotati sempre di poli "nord" e sud" posseggono un solo orientamento.<br /><br />L'esistenza dei <span style="font-weight:bold;">monopoli magnetici</span> era stata teorizzata già oltre un secolo fa (da <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Adrien_Maurice_Dirac">Dirac</a> nel 1931, ndr blog) come fenomeno speculare a quello delle cariche elettriche, che in presenza di una differenza di potenziale tra una carica positiva e una negativa generano il flusso di elettroni che alimenta le commodity del mondo civilizzato prima ancora che i computer e i dispositivi digitali a tutti familiari.<br /><br />C'è voluto però più di un secolo perché due team di ricercatori della terra d'Albione scoprissero (indipendentemente l'uno dall'altro) le particelle magnetiche equivalenti di quei protoni ed elettroni che nei fenomeni elettrici mantengono la carica positiva e negativa. Il tempo trascorso è invero giustificato dalla complessità e dalla inafferrabilità dei monopoli magnetici, che gli studiosi hanno individuato solo in particolari materiali cristallini noti come spin ice e a temperature leggermente al di sopra dello zero assoluto (0 gradi Kelvin corrispondenti a -273,15 centigradi).<br /><br />In simili, estreme condizioni gli atomi elettricamente carichi dei cristalli assumono una conformazione tale da manifestare tante piccole cariche magnetiche individuali, vale a dire quello che i ricercatori hanno stabilito essere <span style="font-weight:bold;">l'elemento costituente della magnetricità</span>. Uno dei team, facente capo al London Centre for Nanotechnology, è riuscito poi a sfruttare il decadimento fisico dei muoni (particella subatomica fondamentale che come elettroni e neutrini fa parte della categoria dei <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Leptone">leptoni</a>) per dimostrare che immergendo lo <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Spin_ice">spin ice</a> in un campo magnetico si provocava l'orientamento dei monopoli in una sola direzione, esattamente come capiterebbe a un materiale conduttore in presenza di un campo elettrico.<br /><br />Messa da parte l'indubbia importanza della scoperta (che dà letteralmente corpo e anima a uno dei tanti elementi costituenti della natura ancora rubricati alla voce "ipotetici"), il responsabile del team di ricercatori del LCN Stephen Bramwell ha paventato la possibilità che monopoli magnetici e magnetricità possano trovare applicazione (in un futuro ancora incerto) nelle tecnologie connesse ai dispositivi di storage e nella <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Spintronic">spintronica</a>.<br /><br /><span style="font-style:italic;">Alfonso Maruccia</span><br /><br />Fonte: <a href="http://punto-informatico.it/2727626/PI/News/magnetricita-realta.aspx">Punto Informatico</a><br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/SvuwOjic1CI/AAAAAAAAALo/f7BgRmNer2k/s1600-h/electricity.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 286px;" src="http://4.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/SvuwOjic1CI/AAAAAAAAALo/f7BgRmNer2k/s400/electricity.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5403105942065435682" /></a><br /><span style="font-weight:bold;">Scoperta la «magnetricità»</span><br />Dimostrata una nuova forma di elettricità: la «corrente magnetica». In futuro applicazioni nei computer<br /><br /><span style="font-weight:bold;">Dai laboratori del London Centre for Nanotechnology la prima dimostrazione dell’esistenza di una versione magnetica dell’elettricità, battezzata «magnetricità»</span>.<br /><br />LO STUDIO – Un gruppo di scienziati guidati dal Professor Steve Bramwell ha infatti condotto uno studio sui monopoli magnetici di cristalli di titanato di disprosio, che ha portato all’identificazione e separazione di singole cariche magnetiche che interagiscono esattamente come quelle elettriche e possono quindi generare corrente magnetica.<br /><br />SCOPERTA IMPORTANTE – Si tratta di un comportamento teorizzato per quasi 70 anni, ma che non era mai stato osservato nella pratica. Come ha sottolineato Bramwell, la scoperta britannica rappresenta quindi un importante passo avanti nella fisica teorica, «poiché dimostra che una carica magnetica può spostarsi come una carica elettrica». Tuttavia, è lo stesso professore a spiegare che, almeno per ora, è assai improbabile che la magnetricità possa sostituirsi all’elettricità, poiché – ai fini della conduttività – i cristalli devono essere raffreddati a 272 gradi sotto zero. Per il momento, però, la scoperta promette interessanti applicazioni nel campo del «nanocomputing».<br /><br /><span style="font-style:italic;">Alessandra Carboni</span><br /><br />Fonte: <a href="http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/09_ottobre_15/mangnetricita-nuova-elettricita_440f109a-b98b-11de-880c-00144f02aabc.shtml">Corriere della Sera</a>.Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5022889100692401862.post-71015081709922643722009-11-10T21:52:00.000-08:002009-11-11T22:57:45.927-08:00Poesia: "Prima vennero..."<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/SvpSZEdkKYI/AAAAAAAAALY/13bYcdy1qc0/s1600-h/indifferenza.jpg"><img style="display:block; margin:0px auto 10px; text-align:center;cursor:pointer; cursor:hand;width: 400px; height: 269px;" src="http://1.bp.blogspot.com/_ln0o7ngBKaA/SvpSZEdkKYI/AAAAAAAAALY/13bYcdy1qc0/s400/indifferenza.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5402721293632285058" /></a><br /><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Prima_vennero...">Prima vennero</a> per i comunisti ed io non protestai<br />perché non ero comunista.<br /><br />Poi vennero per i socialdemocratici ed io non protestai<br />perché non ero un socialdemocratico.<br /><br />Poi vennero per i sindacalisti ed io non protestai<br />perché non ero un sindacalista.<br /><br />Poi vennero per gli ebrei ed io non protestai<br />perché non ero un ebreo.<br /><br />Poi venenro per me<br />e non era rimasto più nessuno per protestare.<br /><br />(<a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Martin_Niem%C3%B6ller">Martin Niemoller</a>)Channel 1967http://www.blogger.com/profile/09399591092933185636noreply@blogger.com