Antonio Damasio e la funzione della coscienza

di Astro Calisi

Se consideriamo la funzione svolta dalla coscienza nell'ambito del processo di adattamento degli organismi all'ambiente, e quindi del significato che assume la coscienza stessa nella storia evolutiva delle forme biologiche più complesse, Antonio Damasio è uno dei pochi che ha tentato di dare risposte che non fossero di semplice ossequio alla concezione personale proposta. Damasio parte da interrogativi quali:

«Perché mai abbiamo bisogno di un "livello mentale" delle operazioni cerebrali, e non possiamo farci bastare il semplice "livello delle mappe neurali" attualmente descritto grazie agli strumenti delle neuroscienze?»,

«Perché il livello delle mappe neurali, con le sue attività né mentali né coscienti, dovrebbe rivelarsi meno efficiente di quello della mente cosciente ai fini della gestione del processo vitale?». (1)

L'ipotesi prospettata da Damasio per render conto del ruolo svolto dalla coscienza è che «in corrispondenza del livello mentale, la complessità dei fenomeni sensoriali faciliti un'integrazione fra modalità diverse, per esempio di quella visiva con quella uditiva, oppure di queste due con quella tattile, ecc. Inoltre, l'esistenza del livello mentale potrebbe anche permettere l'integrazione di immagini reali riconducibili a ogni tipo di modalità sensoriale con altre immagini pertinenti richiamate dalla memoria, [...] La risposta, allora, potrebbe essere questa: le immagini mentali consentirebbero una facilità di manipolazione dell'informazione che il livello delle mappe neurali non permetterebbe». In questa ottica, il contributo al processo di adattamento da parte del sé cosciente, per Damasio, non può essere che una sorta di monitoraggio, eseguito a un livello del tutto particolare: «Il senso del sé introduce, nel livello di elaborazione mentale, la seguente idea, e cioè che tutte le attività correnti rappresentate nel cervello e nella mente siano attinenti a un singolo organismo le cui esigenze di autoconservazione sono la causa fondamentale della maggior parte degli eventi in corso di rappresentazione. [...] Senza le immagini mentali, l'organismo non sarebbe in grado di eseguire un'integrazione tempestiva e su larga scala dell'informazione essenziale alla sua sopravvivenza». (2) La coscienza, nella prospettiva di Damasio, ponendosi come mediatrice tra i bisogni avvertiti in un dato istante dall'organismo (corrispondenti allo stato del corpo attuale) e le informazioni in arrivo dall'ambiente (che indicano le possibilità di soddisfazione offerte dall'ambiente stesso) agirebbe come un complesso monitor a cui giungono un gran numero e una gran varietà di segnali, e dal quale è possibile inviare comandi per intervenire fattivamente nel mondo. Si tratta di un'immagine suggestiva e abbastanza plausibile, soprattutto in considerazione del fatto che la coscienza ci presenta solo i risultati finali delle elaborazioni svolte a livello nervoso, e ce li presenta sotto la forma più direttamente utilizzabile ai fini dell'azione. In maniera molto simile a quanto avviene in un quadro di comando di una macchina complessa, dove indicatori, leve e pulsanti offrono informazioni e permettono di intervenire nella maniera più agevole, riducendo al minimo la necessità di ulteriori elaborazioni da parte dell'operatore. L'analogia tuttavia non può venir spinta oltre senza che emergano problemi difficilmente superabili con qualche marginale aggiustamento. Cominciamo innanzitutto con l'osservare che la macchina e l'operatore costituiscono due entità ben distinte, ognuna con una propria specifica organizzazione interna, le quali possono interagire soltanto attraverso il monitor. Nel caso dell'uomo e della sua coscienza, i processi fisici che si verificano nelle strutture nervose e le rappresentazioni a livello mentale vanno visti invece come strettamente legati tra loro, al punto che per molti aspetti essi possono venir considerati come manifestazioni diverse di un unico fenomeno. Di conseguenza, ogni immagine mentale, riassumendo in sé il funzionamento integrato di un certo numero di gruppi nervosi, non può essere che di natura virtuale, del tutto passiva - riflessa - e quindi assolutamente ininfluente dal punto di vista della funzionalità del sistema. In altre parole, visto che le immagini mentali, nella prospettiva di Damasio, devono essere considerate come un prodotto dei processi elettrochimici che si svolgono, istante per istante, a livello cerebrale, esse non possono essere portatrici di nulla di più che non fosse già nel sistema. Le immagini, emanazioni sul piano ideale dell'attività del sistema nervoso, non possono dar luogo a nuove informazioni, né esibire nuove proprietà rispetto a quelle possedute dal sistema stesso. Si tratta di un'impossibilità logica, che deriva dai limiti imposti a qualsiasi sistema formale (od organizzato secondo regole formali), per i quali esso non può dar luogo a prodotti le cui caratteristiche si pongano a un livello qualitativamente superiore rispetto a quelle del sistema di partenza. Del resto, Damasio non lascia spazio per interpretazioni più ampie riguardo al suo modo di intendere il rapporto tra immagini mentali e strutture nervose quando afferma di non credere che «il livello mentale delle operazioni sia basato su una sostanza diversa, nel senso di Cartesio». Secondo Damasio, «le immagini complesse, altamente integrate, che entrano in gioco nel processo mentale, possono infatti venire ancora concepite in termini fisici e biologici». (3) Riaffermando in tal modo la centralità delle strutture e dei processi nervosi nella gestione del comportamento dell'organismo, Damasio si mostra incapace di riconoscere un ruolo autenticamente attivo alle immagini mentali, e quindi alla coscienza. Per uscire da tale ambiguità di fondo, bisognerebbe forse porre in secondo piano le preoccupazioni di ordine metodologico e assegnare maggiore importanza ai vissuti soggettivi dell'individuo, considerandoli in qualche modo irriducibili ai processi nervosi sottostanti. In tale ottica comincerebbe ad acquistare un senso anche quella che chiamiamo autonomia dell'individuo, non riducendosi a un mero prodotto dell'organizzazione nervosa e delle sue interazioni con l'ambiente, regolati in ogni caso da leggi fisiche ben definite. Non si tratterebbe più di un'autonomia illusoria; né la coscienza potrebbe essere ancora considerata un epifenomeno, bensì una funzione dotata di uno spiccato significato evolutivo, in quanto orientata a favorire l'adattamento. Purtroppo l'attuale cornice teorica entro cui, nonostante tutto siamo costretti a muoverci, non sembra offrire soluzioni per comporre tutti questi elementi in un quadro complessivamente coerente. Per giungere a una nuova prospettiva che sia soddisfacente, ci manca ovviamente qualcosa, qualcosa di importante. Oppure c'è qualcosa di fondamentalmente sbagliato nei nostri approcci conoscitivi. In ogni caso, è certo che la soluzione non può consistere - come qualcuno tenta di fare - nel ridurre del tutto la mente alle strutture e ai processi nervosi alle quali essa si presenta strettamente legata, trascurandone la dimensione soggettiva, sua principale caratteristica. Ancora più inaccettabili si presentano quelle forme di eliminativismo radicale che pretendono di risolvere i problemi negando l'esistenza di ciò che dovrebbero invece spiegare (la coscienza). La proposta di Damasio, pur se inadeguata, sembra muoversi nella giusta direzione. E' infatti una delle poche che prenda veramente sul serio la coscienza, al punto di chiedersi quale sia il suo ruolo nell'esistenza degli organismi. Si tratta di una posizione coraggiosa - sicuramente impopolare all'interno della comunità scientifica più tradizionalista - che ha però bisogno di ulteriori sviluppi prima di uscire da una sostanziale ambiguità di fondo.

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NOTE (1) Antonio Damasio, Alla ricerca di Spinoza, pag. 248 (2) Op. cit. pagg. 249-50 (3) Op. cit. pag. 249