Massenzio: Sono professore ordinario di Storia delle Religioni, all'Università di Roma Tor Vergata. Oggi sono venuto qui per parlarvi di un argomento importante, di cui si sa molto, che è sempre stimolante, che è il sacro. Ne parleremo insieme, in forma dialogica, e cercherò di rispondere a tutte le vostre domande, nei limiti del possibile.
INTRODUZIONE: "Ogni cosa sacra deve essere al suo posto", ne parla con molta profondità un pensatore indigeno. Si potrebbe arrivare a dire che proprio questo la rende sacra, poiché se la sopprimesse, sia pure con il pensiero, tutto l'ordine dell'universo, crollerebbe. Essa contribuisce dunque a mantenerlo, occupando il posto che le spetta. In questi termini l'antropologo Claude Lévi-Strauss definisce il sacro: "E' sacro ciò che attiene all'ordine dei mondi, ciò che garantisce questo ordine. Ma il sacro concerne anche l'uomo e non solo il cosmo fisico. Il sacro è in tal senso un valore una produzione culturale". E' ciò che ha sottolineato con particolare forza l'antropologo Ernesto De Martino, che ha indagato la sfera del sacro a partire dalla esperienza di rischio e di angoscia dell'esistenza. Il dominio del sacro in tal senso è l'insieme dei valori, delle pratiche e delle convinzioni che l'uomo utilizza per conferire senso e valore all'esperienza. Il sacro è dunque ciò che garantisce un ordine: l'ordine del mondo e l'ordine dell'uomo. Sacro è ciò che difende dal rischio del caos, dall'angoscia del nulla e perpetua un ordine antico e inviolabile.
STUDENTE: Il concetto di sacro deve rimanere assoluto oppure può cambiare a seconda dei diversi contesti, storico-politici, in cui viene a trovarsi?
Massenzio: Il sacro è un prodotto culturale, e quindi, se è un prodotto culturale, varia da contesto a contesto. Ogni civiltà ha la sua idea di sacro, ha le sue cose sacre, per dirla con Lévi-Strauss. Quindi, noi abbiamo una categoria concettuale, che ci permette di avere una visione unitaria del sacro, ma in realtà esistono tanti prodotti sacri quante sono le culture. Ogni cultura cambia, ogni cultura ha una storia e quindi con il variare della storia, con il divenire storico muta anche la nozione di sacro all'interno di ogni cultura. Quindi il sacro è una variabile storica.
STUDENTE: C'è una differenza fra sacro e santo?
La differenza si potrebbe dire in questi termini: che sacro è qualcosa di più generale, santo è una particolare modalità del sacro, però sempre, sia sacro che santo, ci portano verso qualcosa che è oltre il piano umano normale. Il sacro non è mai qualcosa che coincide con la normalità. Sacro evoca sempre l'idea della straordinarietà, di ciò che è oltre il quotidiano, ciò che è oltre il normale. Lo spazio sacro è lo spazio dove non si può andare normalmente. Il tempo sacro è un tempo fuori dell'ordine normale. Santo e sacro quindi sono sempre due concetti che alludono allo straordinario, a ciò che non è comune, a ciò che non è di tutti i giorni, a ciò che non è quotidiano. Sacro però ha un'accezione più ampia, santo è una particolare modalità di espressione del sacro.
STUDENTESSA: Volevo sapere se la ricerca del sacro da parte dell'uomo si può considerare in un certo senso mediata dall'istituzionalizzazione stessa del sacro, come, ad esempio, è avvenuto per il Cristianesimo con la Chiesa.
Ma non sempre. Si può impostare in questi termini una riflessione sul sacro. Partiamo proprio da quello che diceva Lévi-Strauss: "Le cose sacre devono stare al loro posto e ciò che le rende sacre è il fatto che stiano al loro posto". Quindi non c'è un sacro innato. Sacro è quel qualcosa che fa sì che l'ordine dell'universo possa essere garantito. Perché è importante questo tipo di riflessione? Perché si inquadra in un discorso più ampio. Ed è la contrapposizione cultura/ natura. L'uomo appartiene alla natura, ma si distacca dalla natura per creare cultura. Ecco, e quando crea cultura crea ordine. E, per significare il distacco dalla natura e la creazione di un ordine, appunto crea cose sacre, che stanno a dire:" Io mi sono staccato dal piano puramente animale e ho creato qualcosa di più, ho creato dei valori". In natura non esistono valori. Allora questi valori li faccio diventare sacri, cioè li pongo al riparo da ogni possibilità di cambiamento, perché senza quei valori l'ordine culturale non ha senso. Pensate al sacro come a un qualcosa che può essere immaginato come un deposito di valori, che danno senso alla esistenza collettiva.
STUDENTE: Il fatto che le religioni siano sempre storicizzate e quindi abbiano molto a che fare con la storia, la cultura e anche l' esigenza di un popolo, questo non è in un certo senso in contrasto con l'idea, con idea di ricerca interiore che dovrebbe essere nel concetto stesso di sacro?
Perché lei pensa che il concetto di sacro sia sempre legato all'idea di ricerca interiore? Certo, è anche ricerca interiore, perché quel passaggio dalla natura alla cultura, di cui parlavo prima, è un passaggio che certamente riguarda un'intera società, un'intera collettività, che sempre deve difendere il fatto che sta dalla parte della cultura e non dalla parte della natura, ma riguarda certamente anche il singolo individuo, che si deve porre con le sue scelte dalla parte della cultura e non dalla parte della natura. E in questo senso ogni individuo deve fare una ricerca interiore, ecco, ma non è soltanto ricerca interiore. E' anche ricerca interiore. Il sacro ha una dimensione collettiva, cioè che concerne il sistema di valori, che è alla base della esistenza di una qualsiasi civiltà. Però, siccome la società è formata da individui, anche i singoli individui devono partecipare di questa medesima tensione verso la cultura.
STUDENTE: Il problema è che spesso, si rischia, come per esempio con le grandi religioni, che sono in un certo senso una convenzione, per cui vengono tramandate di padre in figlio e spesso la religione non è una scelta consapevole ma semplicemente qualcosa che si accetta, allora in questo ambito non c'è una vera e propria ricerca interiore.
Ma i valori si trasmettono. Noi viviamo di tanti valori che ci sono stati trasmessi dal passato. E pensi al nostro Umanesimo, che è il frutto dei valori che sono stati trasmessi dall'antichità classica. Però questi valori non ci sono trasmessi in maniera passiva e tali da essere accettati passivamente. Noi scegliamo ogni volta di seguire dei valori che sono conformi al tipo di storia in cui siamo inseriti. Quindi tutti i valori che ci sono trasmessi, non per questo sono accettati. Tra tutti i valori trasmessi noi scegliamo quelli che si conformano al nostro modo di intendere la vita che viviamo nel presente. Quindi c'è sempre una dialettica di trasmissione e di accettazione però. Mai una trasmissione di valori, svincolata dal momento attivo della scelta, di convalida di quei valori. E quindi anche in questo c'è ricerca interiore, perché io, persona, scelgo di seguire un determinato valore trasmesso, nella misura in cui io decido, riflettendo su me stesso, che è un valore positivo. Da chi viene adesso la domanda?
STUDENTESSA: Il sesso può essere considerato sia sacro che profano, nel senso, cioè, diciamo l'accezione di sacro, ad esempio nella nostra cultura, gliel'ha data la chiesa, considerandolo soltanto, così, profano in fondo - no, dico: il senso di profano, volevo dire - però, ad esempio, in altre culture magari è considerato sacro. Non so, volevo chiedere: cosa ne pensa Lei?
E' una bella domanda questa, che mi fa venire in mente ancora una volta Lévi-Strauss. Abbiamo detto il contrasto tra natura e cultura. L'uomo è un animale, però non si accontenta di essere animale, sporge oltre l'umanità. E che significa sporgere oltre l'umanità? Come fa a sporgere? Si dà delle regole. Anche per Lévi-Strauss la prima regola che l'uomo si dà è proprio nel campo della sessualità. E' il tabù dell'incesto, che appunto ci rimanda alla sfera del sacro. Che cos'è il tabù dell'incesto. E' quella norma, sacra, intangibile, che vieta matrimoni e rapporti sessuali tra consanguinei. Quindi, se c'è questa regola, la sessualità è culturalmente disciplinata. Se questa regola non c'è, appunto la sessualità non è disciplinata, è bestiale, è animale, è naturale. Quindi proprio nel campo della sessualità, c'è la formazione di una regola sacra, il tabù dell'incesto, che è sacra anche per noi. Il più grande peccato della nostra cultura è andare contro questa regola. E questa regola garantisce però il fatto che l'uomo appartiene al piano della cultura, quindi è quella famosa cosa sacra, che non può essere assolutamente cancellata, neppure col pensiero.
STUDENTESSA: Lei parte dal presupposto che c'è quindi un sacro che è appunto natura, ordine, e quindi poi una specificazione di questo sacro, che è, diciamo nella cultura, nelle varie culture, da quanto mi sembra di aver capito.
No il sacro non è nella natura, il sacro è cultura.
STUDENTESSA: No, è l'ordine. Lei parte dal distacco da questa natura, da quest'ordine. L'uomo si può rendere conto di questa origine del sacro o no?
Ma per quanto riguarda l'origine ho fatto appunto adesso un tipo di indagine: come si può arrivare all'origine del sacro parlando appunto del distacco natura-cultura, della regola che fissa questo, questo superamento della natura da parte della cultura, e ho parlato di una legge sacra, che è il tabù dell'incesto. Ora certamente questo è un piano. In effetti nelle singole culture ci sono le manifestazioni, come lei giustamente diceva, oggettive del sacro. Quali sono queste manifestazioni? Vogliamo cominciare un po' a vederle? Per esempio i miti ci riportano al sacro, perché ci riportano a un tempo straordinario in cui la vita del cosmo e dell'uomo ha avuto inizio, in cui i valori si sono formati. Se vogliamo pensare al sacro e alle sue manifestazioni oggettive dobbiamo pensare ai riti, dobbiamo pensare a un'altra cosa importantissima, ai simboli. E dobbiamo pensare ancora ai miti, ai riti e ai simboli come a qualcosa che esprime, nel suo insieme, quel famoso sistema di valori collettivi, che è alla base della esistenza delle varie comunità.
STUDENTESSA: Il mio problema era proprio questo. Lei quindi ha detto mito, rito e simbolo. Quindi, dietro a un mito, a un rito e a un simbolo c'è sempre una verità, dietro a questi, e questo significato profondo è un significato profondo comune a tutti, a tutte le manifestazioni del sacro, e come tale può essere conosciuto dall'uomo, oppure si differenzia proprio alla base in tutte le religioni e in tutte le manifestazioni?
Ecco, questo ci riporta alla bella domanda che mi è stata fatta per primo da Andrea, che mi chiedeva appunto se il sacro è un prodotto storico o no. Io ho detto: il sacro è un prodotto storico. Allora, ogni civiltà ha la propria dimensione del sacro, perché ogni civiltà ha i propri valori, che sono valori solo per quella, per quella civiltà. Quindi c'è un piano generale, nel senso che ogni civiltà umana ha bisogno di valori. Questo è il piano universale, però i valori concreti, variano poi da cultura a cultura e variano anche nella storia di ogni cultura, per cui ciò che era sacro mille anni fa nella mia cultura non lo è oggi e viceversa.
STUDENTESSA: Volevo sapere se il sacro e il progresso procedono insieme o se il progresso può annullare, in un certo senso, il sacro per l'uomo.
E' sempre una domanda bella, è sempre una variazione sul tema della prima domanda. Il sacro è un prodotto storico e quindi il sacro non è contro il progresso. Il sacro è qualcosa che accompagna il progresso, perché progredire significa creare nuovi valori e quindi aver bisogno di nuove cose sacre, che devono stare al loro posto. Quindi non dovete immaginare il sacro come qualcosa che è sempre uguale a se stesso e quindi mobile e come tale è contrario al progresso. Dovete immaginare il sacro come un prodotto storico, che dà certezza, perché presenta quei valori come valori solidi, che ci stanno, che sono assicurati. E quindi il divenire è anche divenire di valori, il divenire è anche nascita di nuovi valori, E questi nuovi valori devono essere sanciti, devono essere considerati validi per tutti e quindi resi sacri in questo senso.
STUDENTE: Io volevo chiedere se è possibile per un uomo vivere bene senza avere qualcosa di sacro o comunque qualcosa in cui credere.
E'' impossibile, a mio avvio, vivere culturalmente senza avere dei valori, socialmente condivisi, che danno senso all'esistere. L'esistere di per sé non ha senso. L'esistere acquista senso in rapporto ai valori che vengono conferiti all'esistere. Ora questi valori, quando sono fissati in miti, in riti, in simboli di carattere religioso, appunto appartengono alla sfera del sacro, che, in questo modo, dà ai valori la possibilità non solo di durare, ma appunto di costituire un linguaggio valido per tutti. Il sacro è una dimensione collettiva. E quindi valori resi sacri non solo acquistano qualcosa che li mette al riparo dal potersi dileguare all'improvviso, ma diventano, in quanto sacri, un valore per tutti. E' la dimensione, collettiva, sociale del sacro, che è fondamentalmente importante. Comunque alla sua domanda: "Si può vivere senza valori?", rispondo in maniera categorica: "No".
STUDENTE: Ma se il sacro è nato anche come un'esigenza dell'uomo, per rispondere all'ignoto, per cui è nato proprio come, come per dare sicurezza all'uomo, oggi, che la scienza dà sempre nuove risposte, che funzione può avere in questo senso, il sacro?
Ci sono due livelli. La scienza certamente aiuta a vivere, è un contributo assolutamente imprescindibile nella nostra cultura, m c'è un piano che non è della scienza, che è quello appunto al quale accennava De Martino: la presenza umana nel mondo, la possibilità di vivere secondo valori collettivi, la possibilità di assumere il prossimo come un altro con il quale mettersi in rapporto e con il quale, con il quale dialogare in modo costruttivo. Tutto questo non ha a che fare con il piano della scienza, sono due dimensioni diverse. E' utile, insopprimibile il piano della scienza, ma è utile, insopprimibile il piano dei valori, attraverso i quali l'altro da me diventa un valore appunto fondamentale al quale rapportarmi.
STUDENTE: Quanto i valori collettivi hanno poi soddisfatto il bisogno dell'uomo verso il sacro, cioè l'esigenza dell'uomo nella ricerca di un sacro, quando l'uomo si è trovato davanti una collettività, che però ha sbagliato, proprio in risposta a un sacro. Faccio un esempio: i campi di sterminio.. Così, volevo chiedere questo.
Anche questa è una domanda di grandissimo respiro e sono molto contento del fatto che questo tema susciti in voi argomenti così complessi. Certo c'è una dimensione tutta interiore del sacro, per cui appunto più che verso valori collettivi il sacro rientra verso una ricerca all'interno di se stessi. E questa è la via mistica al sacro. Ora la sua domanda mi stimola ad ampliare un po' la mia, la mia parte introduttiva, chiamiamola così. C' è un sacro fatto di valori collettivi, che appunto fanno sì che una civiltà abbia certi pilastri sui quali essere edificata, poi c'è un'altra dimensione del sacro, che è la dimensione mistica, che non è tanto intesa quindi verso valori collettivi, ma verso valori appunto individuali, verso i valori che in qualche misura staccano l'individuo dalla collettività, perché il mistico non tende tanto al colloquio uomo-uomo, ma tende soprattutto al colloquio uomo e mondo, mondo sovrumano. Il mistico non riconosce valore al mondo, proprio perché nel mondo vede orrori, tipo il campo di sterminio, e allora vuole fuggire da un mondo che produce quello. E allora si stacca e vuole una salvezza dal mondo. Il sacro è sia sistema di valori, che ti fa esistere nel mondo, ma anche salvezza dal mondo, quando il mondo non ha niente di positivo, quando il mondo appunto è capace di produrre realtà assolutamente nefande, come quelle dei campi di sterminio. Allora si fugge dal mondo. Allora sacro significa via mistica, verso la salvezza dal mondo, e non più via che porta a vivere nel mondo. E quindi il sacro è anche via mistica, oltre che linguaggio collettivo. E' molo bello che lei mi abbia ricordato questo, questo elemento.
STUDENTE: Vorrei sapere quali sono le cose sacre nel vivere quotidiano di oggi..
Le cose sacre, che non devono, che non devono mai essere appunto cambiate di posto, le cose sacre inamovibili appunto alla Lévi-Strauss, beh, per certi versi, sono ancora I Dieci Comandamenti, appunto che danno senso, che sono i famosi valori. Quando parlavo dei sistemi di valori appunto si può fare un riferimento a I Dieci Comandamenti. I primi tre riguardano il rapporto uomo e sfera sovrumana, sfera divina, gli altri sette riguardano come disciplinare i rapporti all'interno appunto del solo piano umano: non uccidere, eccetera, eccetera, non rubare. Questi sono appunto valori, cose sacre per noi.
Noi diciamo che la Costituzione è sacra, è inviolabile. Perché è sacra e inviolabile? Perché è a fondamento appunto del nostro vivere civile, oggi, appunto, in questo particolare momento della nostra storia. Infatti sacro non necessariamente si lega alla dimensione religiosa.
Si lega anche, anzi per di più, alla dimensione religiosa, ma esistono dei valori sacri - appunto la Costituzione per noi è sacra -, e quindi il sacro si può coniugare anche alla dimensione civile, appunto, puramente civile del vivere.
STUDENTE: In che senso la musica può essere considerata uno strumento per arrivare al sacro?
Ecco un linguaggio per mediare il sacro, proprio perché, nella nostra scala di valori, noi abbiamo tante forme di linguaggio. Il linguaggio appunto dei gesti, il linguaggio delle parole, però, per convenzione, perché i valori sono frutto di convenzioni sociali, di patti, attribuiamo alla musica il valore più alto nella nostra scala di valori, e quindi la comunicazione alta che ci porta a poter mediare una realtà, che per noi è alta, come la realtà appunto sacra, come la realtà ultraterrena, ultramondana. Non è un caso che nei nostri spazi sacri, che sono queste splendide chiese appunto - Roma offre capolavori assoluti di chiese -, appunto ci sia sempre l'organo, l'organo che allude proprio al fatto che il sacro non è lì, separato e basta. Certo che il sacro è separato e deve essere rispettato, ma il sacro è anche passibile di contatto. C'è un modo per mettersi in contatto con il sacro. E non è un caso che l'organo è parte costitutiva della chiesa, proprio sta ad indicare il linguaggio per mediare l'ordine sacro, passa attraverso questo strumento eccezionale di comunicazione, che è la musica.
STUDENTESSA: Abbiamo visto che il sacro è cultura. Ma, per esempio sappiamo, per esempio, che in altre culture il sacro si lega molto profondamente al concetto, alla natura, infatti c'è un rispetto inviolabile e sacrale per la natura. Allora, quando avviene un incontro tra la nostra sacralità e magari una sacralità che può essere quella degli indigni d'America o degli indios del Centro America, Lei pensa che ci possa essere un rapporto dialogico, quindi un incontro o deve essere uno scontro, che porterà poi a un predominio e a una sudditanza di uno dei due concetti di sacro?
Anche questa è una domanda splendida. Veramente senza retorica: complimenti a tutti. E' stato uno scontro, è stato un terribile scontro. L'Occidente, quando si è rapportato all'altro, è stato sempre mosso da intenti di sopraffazione. Basti ripensare ai secoli di colonizzazione, con tutto quello che ha comportato: schiavitù,. Sono pagine, così, ancora grondanti di orrore, che è inutile appunto soffermarsi molto. Basta il termine "colonialismo" per evocare tutto un percorso all'insegna della sopraffazione dell'altro. Oggi, soltanto oggi, è nato ed è appunto un modo per considerarci autori di un cultura diversa, soltanto oggi c'è una nuova sensibilità per l'altro. E' il tentativo di porci su un piano dialogico, un piano che è molto difficile, proprio perché i nostri valori non coincidono con i valori degli altri. E allora trovare la possibilità di essere noi stessi e rispettare contemporaneamente gli altri, è possibile, certo che è possibile, ma richiede una tensione etica e culturale enorme, veramente enorme.
STUDENTESSA: Io ho notato che nella, ovviamente, nella sacralità occidentale c'è molto di meno questo contatto con la natura. Quindi forse anche è un qualche cosa di più antico, questo legame con la natura, che viene da questi paesi, quindi non è, non si dovrebbe trasformare, anche in un rispetto per l'ambiente stesso, che diventa per loro sacro? Perché, ovviamente, una distruzione, secondo i nostri canoni, che magari non può essere così grave, di certi ambienti, di certe piante, di certi animali, può essere una violazione per il loro sacro.
Certo che lo è. Non lo solo lo è, può essere anche per noi uno stimolo per ripensare al modo in cui abbiamo stabilito il rapporto con il nostro ambiente, che è un rapporto basato su regole certamente da cambiare. Ecco le regole, che disciplinano il rapporto dell'uomo occidentale con l'ambiente, non sono sacre, nel senso che sono da cambiare, sono regole tutt'altro, tutt'altro che inviolabili.
Vorrei fare solo una precisazione. Quando io parlavo di distacco natura-cultura, io intendevo il passaggio da una dimensione puramente animale dell'uomo a una dimensione di superamento dell'animalità, quindi di natura in senso molto, molto traslato, non nel senso in cui oggi si parla di rispetto della natura. Ecco, quando io faccio diventare la natura un valore, allora il farla diventare un valore la porta sul piano della cultura. Ed è quello che noi dobbiamo fare.
Noi oggi possiamo edificare un nuova cultura, nella misura in cui trasformiamo completamente il rapporto uomo-ambiente, che, così com'è, non può più andare avanti.
Biografia di Marcello Massenzio
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Sacralità e ritualità di Alessandro Dal Lago
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L'uomo e la terra
FONTE: http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=227
Che cos'è il sacro?
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