Nietzsche: La critica al Positivismo



L'attacco più profondo e radicale all'ingenuo scientismo positivo fu portato da Nietzsche, per il quale non esiste un conoscere oggettivo fondato sulla razionalità.

Il mondo è infatti, e sempre resterà, caotico nel senso che non ha un ordine preciso, una struttura stabile e duratura, una beltà definita, ma esprime per natura la volontà di tornar su se stesso eternamente. Ed a questo processo all'uomo non rimane che aderire "al di là - dice - del bene e del male", consapevole che nel divenire, nella ripetizione dell'uguale, c'è una necessità ma non un senso.

Anzi Nietzsche sostiene con ardore che bisogna restare fermamente ancorati alla terra, all'esistenza, avvertiti che gioia e sofferenza, creazione e distruzione, bene e male, si alternano per sempre in un eterno ritorno (ch'è la formula centrale del pensiero di Nietzsche, il vero perno del suo filosofare).

Nietzsche illustra questa dottrina nello Zarathustra.

Ove delinea appunto la figura del superuomo, ovvero di colui che - oltrepassando la propria natura umana - potrà dir: "uomo già fui"; e poi, recuperata l'innocenza del fanciullo, dir sì all'esistenza.

Il superuomo insomma imparerà ad accettare il fatto che la vita non è se non contraddittorietà, compresenza fatale ed infinita di bene e male, ascesa e decadenza, finzione e verità, senno e demenza.

Il superuomo è in fondo l'espressione di ciò che Nietzsche chiama volontà di potenza, cioè l'affermazione non solo della mera volontà di dominio sull'altro (certamente in vari passi di Nietzsche presente, e che ha portato e ancora porterà moltissimi a immischiarsi in una ressa), ma soprattutto della volontà che - come dice Heidegger - vuol se stessa. Questo vuol dire subordinazione della morale alla vita e all'azione.

Si instaura in questo modo il nichilismo, che Nietzsche, indubbiamente in modo accorto e rinunciando ad ogni finalismo, riassume nella formula "Dio è morto".

Con esso inizia il tramonto dell'uomo e appare all'orizzonte il superuomo, del quale si è già detto (ma ripeto) ch'è colui che rinuncia a verità assolute ed esclude ogni divieto, accettando ogni cosa che sarà, e amando il suo destino pienamente perché c'è solo il mondo qui presente.

Aggiungerò, come ultimo commento, che proprio il nichilismo rappresenta l'eredità trasmessa al Novecento dal pensiero di Nietzsche. Oggi si stenta a credere in qualcosa di immutabile, ad ogni verità che (pur con abile mossa) si voglia dir definitiva e imporre sull'eterno divenire.
La parola di Nietzsche è dunque viva (e l'eco sembra non dover finire) poiché spiega che nella trascendenza la vita umana perde consistenza.

FONTE: Giuseppe Cirigliano.