Pedagogia: Il metodo Feuerstein


Docente di psicologia e pedagogia presso l'Università Bar Ilan di Tel Aviv e presso il Gorge Peabody College della Vanderbilt University di Nashville (Tennessee), Reuven Feuerstein dirige oggi in Israele il Centro di Ricerca Hadassah-Wizo-Canada.
Nel primo dopoguerra si dedicò al recupero di persone con ritardo mentale provocato dalla prigionia nei campi di concentramento, ma la sua attenzione ai problemi di apprendimento ha origini molto lontane, si possono far risalire alla sua infanzia, quando, a soli otto anni, insegnava l'ebraico ai bambini della comunità rumena di cui faceva parte.
Con l'occupazione della Romania, fu internato in un campo di concentramento e dovette interrompere l'insegnamento ai figli dei deportati. In seguito intraprese una lunga carriera di studi che lo vide più tardi allievo di Piaget e di Rey a Ginevra e che si concluse con una laurea in psicologia alla Sorbona nel 1970.
Partito alla fine della II^ guerra mondiale alla volta del futuro stato di Israele, qui cominciò ad occuparsi dei giovani che arrivavano da ogni parte del mondo, ed è proprio a partire dagli studi sugli adolescenti che Feuerstein e i suoi collaboratori, elaborarono un sistema di valutazione del potenziale di apprendimento (LPAD) ed un programma d'intervento cognitivo (PAS, programma di arricchimento strumentale), alternando continuamente riflessione teorica, osservazione dinamica e attività pratica.
Il “programma Feuerstein” iniziato nel dopoguerra per i bambini reduci dai lager nazisti, prende nome quindi da questo professore di 75 anni che vive a Gerusalemme, un tempo collaboratore di Jean Piaget e di Carl Gustav Jung, che riesce a fare “miracoli”, migliorando le condizioni di vita di persone fortemente handicappate, fino a renderle autonome, addirittura in grado di prendere la patente. Persino Tsuhal, l'esercito israeliano, usa il suo metodo: infatti una cinquantina di ragazzi e ragazze portano la divisa pur essendo affetti dalla sindrome di Down.
Feuerstein è assertore di una visione plastica e dinamica dell'intelligenza e, come Vitgoskij, sottolinea l'importanza delle mediazione sociale nello sviluppo cognitivo dell'individuo.definisce infatti il “disfunzionamento cognitivo” come mancanza di apprendimento mediato e, contro l'interpretazione innatistica dell'intelligenza, ne afferma la modificabilità, non solo nel corso del periodo evolutivo, ma a qualsiasi età e in qualsiasi fase di sviluppo. “I cromosomi non hanno l'ultima parola” e, mentre condivide con Piaget il concetto di intelligenza come processo, prende le distanze però da un'epistemologia incentrata principalmente sugli aspetti genetici, asserendo che tutti gli individui, se sostenuti efficacemente (pedagogia della mediazione) sono modificabili.
“Se tutti gli individui sono modificabili, allora ciascuno di noi è migliorabile! Vale a dire che ogni individuo raramente, praticamente mai, esprime il 100% delle sue potenzialità!!! Se definiamo la differenza tra il livello espresso e quello potenziale, come ritardo di performances, allora tutti noi abbiamo un ritardo di performances, ovviamente non in senso assoluto, ma rispetto a noi stessi! Pensiamo ad esempio ad un ragazzo che produce ottimi risultati a scuola, non ha problemi relazionali, manifesta punteggi altissimi di QI potrebbe, se manifestasse tutte le sue potenzialità diventare un genio!”.
Il mediatore lavorerà allora per conoscere e ristrutturare il pensiero dell'individuo e provocare quindi una modificazione strutturale del funzionamento cognitivo, a qualsiasi età.

Abbiamo quindi visto le concezioni poste alla base del metodo Feuerstein :
1. concezioni relative alla natura dell'intelligenza: E' MODIFICABILE (
Modificabilità Cognitiva Strutturale);
2. concezioni relative al ritardo mentale: DISFUNZIONAMENTO COGNITIVO;
3. mezzi utilizzati per la diagnosi dell'intelligenza;
4. ipotesi concernenti la natura dell'apprendimento;
5. l'autostima: lo sbaglio, l'errore, la punizione,
il brutto voto sono feedbeak che prima di arrivare hanno creato disagio. Spesso infatti lo sbagliare stesso è causa di un trauma più o meno forte, è vivere un disagio, perchè non si ha capito e l'autostima si sgretola ulteriormente portando l'alunno a pensare:
“ E' meglio non agire, così non corro il rischio di sbagliare!”
Tutto questo può essere cambiato introducendo la capacità di osservare, ascoltare, leggere e PENSARE PRIMA DI AGIRE.

Link collegato: Tolleranza Zero

Tratto da www.vivoscuola.it